Sono stati assegnati dei premi d’eccellenza a 180 dipartimenti universitari italiani. I premi all’eccellenza sono consistenti: oltre 1,3 miliardi di quote annuali da 271 milioni di euro, vale a dire un milione e mezzo annuo per ciascun dipartimento vincitore dal 2018 al 2022. Una novità importante introdotta dalla legge di bilancio del 2017, quella approvata a fine 2016: sono stati selezionati i 180 dipartimenti universitari cui andranno fondi extra per rafforzare e valorizzare l’eccellenza della ricerca negli atenei italiani, con investimenti in capitale umano, infrastrutture e attività didattiche di alta qualificazione.
“I criteri di selezione sono stati individuati da una commissione formata da sette personalità di alto profilo scientifico. Fino al 70% dei fondi potrà essere utilizzato per assumere docenti, valorizzandone talenti e idee. Le altre risorse serviranno per rafforzare laboratori e strumenti di ricerca e sviluppare attività didattiche di alta qualificazione” dichiara il ministero dell’Università guidato da Valeria Fedeli.
Ma un dato che si evince nell’assegnazione è che siano siano stati premiati dipartimenti con punteggi anche bassi, la domanda che sorge spontanea è come sia possibile che i risultati siano stati previsti con otto mesi d’anticipo? I dipartimenti sono 800, tuttavia hanno potuto presentare la domanda per i finanziamenti, inviando lo scorso luglio i loro progetti di ricerca, soltanto 350 dipartimenti preselezionati dall’Anvur (l’Agenzia nazionale divalutazione dell’università e della ricerca) sulla base di un indicatore standardizzato di performance chiamato Ispd, messo a punto dalla stessa Agenzia. L’Ispd consentiva di confrontare settori tra loro molto diversi, come le scienze umanistiche e quelle economiche, medicina e ingegneria, creando quattordici gare con un numero di vincitori predefinito, da un minimo di 5 a un massimo di 20, alchè si potrebbe già immaginare quanto sia difficile immaginare uno strumento che consenta di valutare simultaneamente settori diversi. L’Ispd si basa sui risultati della Vqr (Valutazione qualità ricerca) del 2011-2014, cioè su una fotografìa che risale a qualche anno fa, se non fosse che la selezione dei 180 dipartimenti è avvenuta utilizzando per il 70% del punteggio la valutazione storica del 2011-2014 e solo per il restante 30% sulla base della fattibilità dei progetti di ricerca presentati, della coerenza dei progetti con le priorità del sistema nazionale e internazionale e delle ricadute attese.
Il risultato d’eccellenza che ne è uscito è: 155 sono di università del Centro nord e 25 del Sud, evidenziando ancora una volta il divario tra nord e sud. D’altronde Baccini, in suo suo articolo sul Mattino, aveva già predetto il risultato finale, conoscendo le regole della gara e sapendo quindi che il 70% del punteggio era già predeterminato.
“Nel quadro di un processo importante che investe risorse sullo sviluppo delle eccellenze del nostro sistema universitario troviamo una presenza anche di dipartimenti situati nel Mezzogiorno, ma in proporzione minore: è evidente perciò che dobbiamo lavorare a un rafforzamento significativo degli atenei meridionali e della loro capacità progettuale. Abbiamo cominciato con la riforma del fondo di finanziamento ordinario delle Università, varata con il decreto legge Mezzogiorno, che ha accompagnato criteri di premialità con misure importanti di equilibrio territoriale nei finanziamenti. Ora proseguiremo, nell’ambito del Pon “Ricerca e Innovazione“, con la programmazione di interventi che rafforzino il reclutamento di giovani ricercatori da parte delle Università meridionali e le loro capacità amministrative” afferma il Ministro per la coesione territoriale Claudio De vincenti.
Martina Fiorentino