Intorno alle 17.30 di ieri papa Francesco è finalmente arrivato in auto alla base militare di Medellin dove si celebra la Messa. Accolto dall’arcivescovo di Medellin Ricardo Tobòn Restrepo, dal governatore e dal sindaco della città di Medellin, papa Francesco ha ricevuto un poncho, un carriel, vale a dire una borsa tipica di pelle, e un cappello prima di compiere un giro in papamobile tra i fedeli.
Papa Francesco – prima dell’inizio della celebrazione eucaristica nella memoria liturgica di San Pietro Claver, sacerdote gesuita, apostolo fra gli schiavi neri deportati – si è scusato di fronte a circa un milione di fedeli per averli fatti aspettare a causa del ritardo accumulato dovuto alla pioggia. Nei pressi dell’altare è esposto il quadro della “Virgen de la Candelaria”, patrona di Medellìn.
“Coinvolgersi”. Papa Francesco ci ricorda che ci è richiesto per essere discepoli missionari “un coraggio evangelico che scaturisce dal sapere che sono molti quelli che hanno fame, fame di Dio, fame di dignità, perché sono stati spogliati”. E, come cristiani” è nostro dovere “aiutarli a saziarsi di Dio; non ostacolare o proibire loro questo incontro”. “La Chiesa non è una dogana – ha aggiunto papa Francesco -, vuole le porte aperte perché il cuore del suo Dio non solo è aperto, ma è trafitto dell’amore che si è fatto dolore. Non possiamo essere cristiani che alzano continuamente il cartello “proibito il passaggio”, né considerare che questo spazio è mia proprietà, impossessandomi di qualcosa che non è assolutamente mio. La Chiesa non è nostra, è di Dio; Lui è il padrone del tempio e della messe; per tutti c’è posto, tutti sono invitati a trovare qui e tra noi il loro nutrimento”.
«Voi stessi date loro da mangiare» è questo il nostro servizio, papa Francesco nel citare il Vangelo di Matteo ricorda l’esempio del gesuita san Pietro Claver, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, che comprese “che non poteva rimanere indifferente davanti alla sofferenza dei più abbandonati e oltraggiati del suo tempo e che doveva fare qualcosa per alleviarla”.
“Andare all’essenziale” significa, secondo papa Francesco, “andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita”. “Gesù insegna che la relazione con Dio non può essere un freddo attaccamento a norme e leggi, né tantomeno un compiere certi atti esteriori che non portano a un cambiamento reale di vita”.
In tal senso, ha aggiunto il Papa “il discepolato non è qualcosa di statico, ma un continuo movimento verso Cristo; non è semplicemente attaccarsi alla spiegazione di una dottrina, ma l’esperienza della presenza amichevole, viva e operante del Signore, un apprendistato permanente per mezzo dell’ascolto della sua Parola. E tale Parola ci si impone nei bisogni concreti dei nostri fratelli”.
“Rinnovarsi”. “Come Gesù “scuoteva” i dottori della legge perché uscissero dalla loro rigidità, ora anche la Chiesa è “scossa” dallo Spirito perché lasci le sue comodità e i suoi attaccamenti. Il rinnovamento non deve farci paura. La Chiesa è sempre in rinnovamento – Ecclesia semper reformanda –. Non si rinnova a suo capriccio, ma lo fa fondata e ferma nella fede, irremovibile nella speranza del Vangelo che ha ascoltato”.