Nella penombra degli ambienti oggi sotterranei, il verde brillante, il giallo aranciato, il rosso e il grigio screziato dei marmi arrivati da tutto l’impero risalta con prepotenza assoluta, sostenuto da una lucentezza che duemila anni dopo ancora, incredibilmente, abbaglia.Sui muri glabri, segnati dal tempo e dall’umidità oltre che dalle spoliazioni feroci dei Farnese, stupiscono qua e là frammenti di delicate pitture, testine, amorini, ghirlande vermiglie.
Di fatto aperta per la prima volta al pubblico, eccola la Domus Transitoria, la prima grande villa che Nerone si fece costruire sul Palatino. Sfarzosa e raffinata, pensata per accogliere e per stupire sul modello delle regge tolemaiche, fu poi dismessa e interrata dopo l’incendio del ’64 dallo stesso imperatore, che volle sostituirla con l’ancora più grande e più ricca Domus Aurea. “Eppure in questi ambienti c’era in nuce tutto, quasi una prova tecnica di quella che sarà poi la Domus Aurea”, spiega cortese la direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo.
Dieci anni di studi e di restauri, ma anche di messa in sicurezza degli ambienti, hanno permesso di restituire al pubblico circa 800 metri quadrati di questa prestigiosa dimora, da domani inseriti nel nuovo percorso neroniano, con visite dal lunedì al venerdì per piccoli gruppi rigorosamente accompagnati. Non è stato facile, certo. Perché i faraonici e velocissimi lavori di costruzione della Domus Aurea all’epoca e gli scavi settecenteschi poi hanno fatto in gran parte strage di quel glossario di meraviglie che l’imperatore aveva voluto per la sua reggia, che pare prendesse il nome dal fatto che si estendeva dal Palatino all’Esquilino.