La strada giusta non è sempre percorsa da tutti. C’è chi perde l’indirizzo, chi si smarrisce e abbraccia la via della droga, facendola diventare unica ragione di vita e di esistenza. La tossicodipendenza è un problema troppo diffuso nella nostra società, per essere ignorato. E’un problema troppo grave per far finta che non esista. Storie di chi diventa dipendente dalla droga se ne ascoltano moltissimo. Ma ciò di cui si parla poco, forse perché fa meno notizia, è l’esistenza di luoghi, in cui chi ha questo problema, può essere accolto e aiutato a superare “una malattia”, che potrebbe rovinargli per sempre la vita. E’questo il caso della comunità “La Sorgente”, guidata da Padre Carlo De Angelis e da un gruppo di volontari, in un’abitazione diroccata nella zona al Cavone di Miano, che dal 1994 si occupa di aiutare i tossicodipendenti. Percorsi fatti di dialoghi, di cure e supporti accompagnano queste persone al ritorno a una vita normale, fatta di pace e serenità, lontano dalle dipendenze. E oggi che l’utilizzo di droghe è in aumento, soprattutto tra i più giovani, è bene che si parli di associazioni come queste, che raccontano di chi ce l’ha fatta, ma anche di chi ha pagato con la propria vita la tossicodipendenza.
L’intervista a Padre Carlo De Angelis.
La comunità “La Sorgente” è nata nel 1994, come descriverebbe il lavoro fatto in questi undici anni?
«Tra gioia e dolori, tutte le comunità hanno dei successi ma anche degli insuccessi, si controbilanciano. Quando parlo di successi, vuol dire che uno dei nostri ragazzi riesce a tornare alla vita normale, reinserendosi nella società, riacquistando tutta la sua dignità come essere umano, insuccessi sono le delusioni legate a chi non c’è riuscito, a volte addirittura ricaduto e poi morto. Sono le gioie però che riescono a farci andare avanti, con forza e volontà».
Voi lavorate anche grazie all’aiuto di molti volontari, tra la gente esiste lo spirito di aiutare una comunità, di fare del bene ed essere caritatevoli verso il prossimo o c’è indifferenza?
«All’inizio c’è stata molta collaborazione, che però man mano è andata scemando. Il volontariato molte volte è deciso e tante altre non coerente con se stesso, anche quando ci sono le difficoltà, capita che in molti decidano di abbandonare. Abbiamo dei volontari che ci danno una mano, ma molti si sono tirati indietro. Quello che spesso delude sono le istituzioni, i SERT che sono chiamati a collaborare, a volte ci aiutano, ma troppe si tirano indietro, specialmente quando sorgono i problemi. Lottare contro una realtà drammatica, quella del tossicodipendente, è difficile e spesso, ti trovi a dover lottare anche con le istituzioni che invece dovrebbero sostenerti».
Che ruolo gioca la famiglia in tutto questo?
«Il nostro obiettivo è chiaramente quello di riuscire a reintegrare queste persone nella vita di tutti i giorni. Non sempre, però, è questo il reintegro necessario. Molte volte capita che ci si renda conto che serva di più un reintegro famigliare, la famiglia provvede così a dare una mano, questa è la cosa più bella, quando c’è un ritorno anche dei famigliari, che collaborano. La famiglia è spesso colei che è più ferita in tutto questo percorso. Noi ci occupiamo anche di supportare i parenti, di guidarli, anche perché chi è tossicodipendente sa bene come sfruttare i propri cari per raggiungere i propri scopi, agendo sui loro sentimenti, questo è uno dei grossi problemi e, chi non è preparato, cade facilmente in queste trappole».
Preoccupa molto un dato di un ultima ricerca, che registra un aumento dell’uso di droghe da parte degli adolescenti italiani, che ignorano totalmente che tipo di sostanze assumono, non preoccupandosi dei rischi, lei cosa ne pensa?
«Una delle novità in questo campo sono le nuove droghe, legati ad ambienti, come discoteche, dove anche l’alcol gioca un ruolo pesante, specialmente i più giovani ne fanno utilizzo in un modo spropositato solo per inseguire lo sballo. Queste nuove droghe, camuffate sotto l’immagine dello stare bene, creano dei danni a volte, anche irreversibili, perché intaccano il sistema nervoso. Per questo motivo un simile dato preoccupa molto».
Quale potrebbe essere un programma diretto per cercare di arginare questo fenomeno in continuo aumento tra i giovani?
«Io ricordo che dopo un periodo di grande collaborazione con le scuole, noi eravamo spesso chiamati come associazione per seguire progetti d’informazione e collaborazione, man mano, però questa pratica è andata sparendo, io non ho contatti con la scuola da parecchio tempo. Credo che le scuole siano fondamentali, debbano essere un mezzo di prevenzione e informazione e penso che adesso, tutto questo non si stia facendo troppo, l’aspetto della tossicodipendenza, mi sembra che sia sparito dal panorama scolastico. La scuola è la base per il futuro, se no la scuola diventa la strada».