Economia e Welfare

Con la svolta green di Singapore nuove opportunità per il made in Italy

La città-Stato punta a diventare un polo per gli investimenti sostenibili con chances interessanti per le imprese italiane, a partire dalla filiera alimentare, dall’agritech e dall’automotive.

Con il Green Plan 2030, annunciato la settimana scorsa, Singapore punta dritto sugli Obiettivi dell’Agenda Onu e si aggiunge alla lista dei Paesi che intendono cogliere gli effetti benefici dell’onda verde per l’economia. «Una grande opportunità anche per le imprese del Made in Italy. A partire da tutta la filiera del settore alimentare, dall’agritech e dall’automotive», dice Alberto Maria Martinelli, presidente della Camera di Commercio italiana a Singapore (Iccs) che proprio in questi giorni festeggia i 30 anni di attività.

Tra le misure annunciate figurano l’intenzione di quadruplicare l’energia solare entro il 2025 e di incentivare l’auto elettrica entro il 2040. Ma anche l’ambizione di diventare un centro di prim’ordine di finanza green, punto di riferimento per l’Asia e il mondo e l’attrazione di attività di R&S in chiave innovativa.

La città-Stato a circa 10mila chilometri dall’Italia non è una meta sconosciuta alle imprese del made in Italy che rappresentano il ventesimo posto tra i suoi fornitori con una quota di mercato dell’1,2% rimasta stabile nel corso degli anni. Nel 2019 le esportazioni italiane ammontavano a 1,96 miliardi di euro, ma gli effetti della pandemia si sono fatti sentire anche qui: nei primi sei mesi del 2020 l’export italiano ha registrato una battuta d’arresto del 13%. La gestione del Covid e le misure messe in campo rendono però quest’area una delle più promettenti nei prossimi mesi, tanto che Prometeia l’ha annoverata tra le cinque rotte per l’export quest’anno.

«Si tratta di un mercato – spiega Martinelli – di 5,7 milioni di persone con un reddito pro capite che è il doppio rispetto a quello italiano. Meta di destinazione, ma anche snodo verso il Sudest asiatico e l’asia-Pacifico in termini di export o per investimenti più duraturi. La città-Stato è infatti la porta di accesso a un mercato potenziale di oltre 600 milioni di abitanti con un’età media sotto i 30 anni».

Lo stock degli investimenti diretti esteri (Ide) italiani nel Paese ammonta a 1,2 miliardi di euro. Sono tra le 200 e le 250 le imprese italiane che operano con uno staff, mentre circa 150 ne hanno fatto una base per gestire progetti nei paesi limitrofi. Pioniera è stata Stm Microelectronics nel lontano 1969, seguita in anni più recenti da Piaggio, Pirelli, Mapei, Dz Engineering. E nel 2017 Ferrero ha scelto Singapore come sede del suo Innovation Center, il primo centro di innovazione asiatico del gruppo albese. A promuovere Singapore è anche la Banca Mondiale, che nell’ultimo Rapporto Doing Business le assegna il secondo posto dopo la Nuova Zelanda.

Qual è l’identikit delle imprese che già scommettono su questa area e che potenzialmente potrebbero trovare qui altro terreno fertile? Martinelli non ha dubbi: «Oltre ai settori già citati, Singapore è una destinazione interessante per le imprese della farmaceutica su cui si concentrano i recenti sforzi della politica di attrazione degli investimenti da parte del Governo locale, ma anche il design e l’arredamento, la cosmetica, i macchinari, l’edilizia». Le opportunità comprendono anche la possibilità di partnership con omologhi locali interessati al know how italiano.

A facilitare i contatti è anche l’accordo commerciale di libero scambio tra la Ue e la città Stato asiatica. Entrato in vigore a fine novembre 2019, ha eliminato i dazi doganali migliorando gli scambi dei beni di elettronica e dei prodotti alimentari e farmaceutici. «Essere presenti qui – prosegue Martinelli – è un po’ come giocare al trofeo Sei nazioni di rugby. Attenzione però, perché non si improvvisa e occorre avere le idee chiare. Si tratta di un mercato molto competitivo e costoso, con consumatori esperti che richiedono l’eccellenza ma sono disposti a pagare il giusto. Proprio per questi aspetti è un mercato che va seguito e richiede una presenza sul posto anche per comprenderne le sfaccettature culturali».

La Camera di Commercio Italiana è presente a Singapore con uno staff di quattro persone. Conta 200 associati e 7 comitati che ricalcano i settori attualmente presenti nel Paese: finanza, servizi legali, farmaceutico, luxury retail, design e shipping. L’ultimo che si è aggiunto alla lista è Lansset (land, Aerospace, naval and Security, Science&Technology). Il gruppo di lavoro costituito a fine gennaio è composto da imprese italiane attive in questi settori disponibili a condividere le loro esperienze per far fronte a rischi comuni e opportunità.

«Il 70% dei nostri associati – sottolinea il presidente – sono aziende italiane, ma c’è anche una quota di aziende locali interessate ad espandersi in Italia». L’approdo su questo mercato per il momento ha riguardato soprattutto imprese di medie e grandi dimensioni. Qualcosa, però, si muove. Nel corso del 2020 l’Iccs, in collaborazione con le principali piattaforme di e-commerce di Singapore, ha lanciato l’Italian Gallery Sg, una sezione digitale per permettere alle imprese italiane, anche di più piccole dimensioni, di sbarcare nel Paese. «Finora – dice Martinelli – abbiamo affiancato dal punto di vista burocratico, logistico e di marketing strategy una trentina di aziende dell’agroalimentare e una dell’arredo. A breve allargheremo il campo anche al settore della cosmetica».

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