“Non c’e’ piena convergenza ma c’e’ convergenza sulla necessita’ di una risposta europea, ci sono ancora alcune divergenze su cui possiamo lavorare. C’e’ confronto in un ottimo clima”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al termine della sua missione all’Aja, dove ha incontrato il premier olandese, Mark Rutte. “L’Italia ha già iniziato a lavorare in una prospettiva di riforme strutturali e investimenti che portino a una ripresa. Non c’è dubbio che dobbiamo fare in modo che il Recovery plan sia effettivo e reale perché selo infittissimo di condizionamenti che avrebbero effetto di rallentare la ripresa potrebbero diventare inefficaci ma non è questo lo spirito di questo progetto. Dobbiamo evitare di farci imbrigliare in una burocrazia che lo renda meno effettivo, quando tutti i Paesi lavorano per tagliare la burocrazia”, afferma Conte.
Fare presto, restare ambiziosi, perché scelte al ribasso e tardive danneggerebbero il mercato unico e quindi non solo l’Italia, ma anche Paesi come l’Olanda. E’ questo il messaggio che il premier Giuseppe Conte ha portato al premier olandese. Il presidente del Consiglio è volato all’Aja, dopo essere stato a Venezia per il Mose e a Pellestrina per dimostrare ai cittadini ex alluvionati la sua presenza, concreta. Il confronto con il leader dei Paesi “frugali”, che frenano sulla proposta di Recovery fund da 750 miliardi confermata dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel, è una tappa cruciale nel ‘tour’ diplomatico di Conte in vista del vertice del 17 e 18 luglio.
E un tassello importante della partita che il premier si sta giocando in Europa, per dare ossigeno a un Paese in profonda crisi e anche a un governo ogni giorno più fibrillante. Con le voci di rimpasto che si susseguono, nonostante le smentite. E sospetti ricorrenti su manovre per nuovi governi. Come quelli alimentati dalla notizia di un incontro di Luigi Di Maio con Mario Draghi, nonostante fonti vicine a Di Maio assicurino che si è trattato di un colloquio istituzionale: “Il ministro è al lavoro e segue il negoziato europeo anche con colloqui come quello con Draghi, presunti complotti sono evidentemente legati alla malafede di qualcun altro”. Il ministro degli Esteri ha incontrato l’ex presidente della Bce lo scorso 24 giugno. Si sono confrontati, spiegano fonti vicine al ministro, su alcuni dati economici, visto il profilo e la caratura dell’interlocutore. E il colloquio, viene riferito da chi ne è poi stato informato, avrebbe lasciato un’ottima impressione reciproca. Nessun accenno a temi politici, assicurano le stesse fonti: non avrebbe avuto senso. Di Maio ha incontrato Draghi “da ministro degli esteri” e nel suo ruolo “dà il massimo sostegno a Conte all’azione del governo”. Tutto qui? Tra i parlamentari Dem c’è chi intravede un lavoro del ministro sul proprio profilo istituzionale, per poter contendere in futuro a Conte la premiership. E anche tra i Cinque stelle la notizia impazza nelle chat dei deputati e nelle conversazioni si rincorre l’ipotesi di un lavorio per un cambio di governo (magari con Draghi premier di una maggioranza più larga). Ma dallo staff di Di Maio smentiscono seccamente. I parlamentari vicini al ministro respingono le accuse di chi sostiene che dell’incontro non fosse informato nessuno, neanche Conte.
E tra i più irritati per la recente apertura di Conte all’interlocuzione con Berlusconi e per “il continuo valzer” su Autostrade, c’è chi invita a “guardare la luna invece che al dito”: “Non c’è nulla di nascosto e non si possono cercare capri espiatori, se Conte è in difficoltà per sua responsabilità – dice un pentastellato – Lo scontro col Pd lo ha aperto il premier, non Di Maio”. Il riferimento è agli attriti recenti con i Dem, da ultimo quello sul dossier Autostrade. Poco sono piaciuti ai Democratici alcuni retroscena che hanno accreditato l’insofferenza di Conte per i rinvii dei ministri De Micheli e Gualtieri. E anche se nel Pd c’è chi è critico verso alcune scelte della ministra delle Infrastrutture, dal Nazareno si incarica Andrea Orlando di dire che è “il governo” (leggi, Conte), a dover “decidere” senza incolpare gli altri dei ritardi. Dall’annuncio della proroga dello stato di emergenza, che i Dem chiedono di fare in Parlamento, ai rinvii sulla legge elettorale, fino a decisioni sollecitate su dossier come l’Ilva, dal Pd trapelano molte ragioni di insofferenza. Non sembra più reggere la tregua siglata in un incontro dieci giorni fa da Conte con Nicola Zingaretti.
Il Consiglio dei ministri su Aspi si annuncia di fuoco. E, nonostante il premier abbia smentito, si rincorrono le voci di un rimpasto. Si fanno i nomi di De Micheli, ma anche Nunzia Catalfo e Lucia Azzolina. Si ipotizza l’ingresso nel governo di Zingaretti e Vito Crimi. Si vedrà probabilmente a settembre, dopo il voto regionale. Intanto Conte si mostra concentrato sulla partita europea. Mercoledì sarà in Parlamento a chiedere un mandato in vista del vertice Ue. I gruppi parlamentari sono già al lavoro per una risoluzione di maggioranza che blindi quel mandato evitando il nodo politicamente più spinoso, i fondi del Mes (anche se resta l’insidia di una risoluzione annunciata da Emma Bonino). Conte proverà a rendere il Mes meno ‘pesante’, portando a casa un Recovery fund come da aspettative. L’approccio, spiegano fonti di Palazzo Chigi poco prima dell’incontro a cena con Rutte a L’Aja, è costruttivo.
La proposta di Michel, presentata in giornata, conferma gli obiettivi di fondo di Next Generation Ue e del piano finanziario pluriennale (ma la proposta non soddisfa l’Italia). L’Italia è pronta a sostenere al Consiglio europeo un pacchetto complessivo che rappresenti realmente una risposta credibile e tempestiva alla crisi epocale generata dal Coronavirus. Di fronte avrà i Paesi “frugali”, che chiedono risorse minori a fronte di impegni più stringenti, e quel fronte del Nord che ha imposto il nuovo presidente dell’Eurogruppo. Rutte insiste perché le risorse vengano date a fronte di riforme. Quell’impegno, gli spiegherà Conte, c’è. Ma l’Italia chiede uguale impegno per una risposta corposa e tempestiva, senza altri rinvii. Per Roma non è ancora il momento di minacciare veti sul Quadro Finanziario pluriennale (sui “rebates”, in particolare) come leva per arrivare ad una soluzione sul Recovery fund. Ma la partita si giocherà su più tavoli.