“Dopo un quarto di secolo di varie peregrinazioni giudiziarie, tra alterne sentenze di assoluzione e condanna, la Corte di Cassazione ha posto definitivamente fine al calvario di Bruno Contrada”. Lo dichiara, in una nota, il senatore del gruppo ALA-SC Vincenzo D’Anna, che poi così prosegue: “E’ veramente sbalorditivo che un uomo afflitto da gravi patologie, distrutto dall’abominio della carcerazione, sia riuscito a vedere definitivamente riabilitata la propria vita e la propria onorabilità di funzionario e di servitore dello Stato”.
“Carnefici di Contrada – prosegue ancora D’Anna – sono stati sia i magistrati inquirenti, sia l’inconsistenza e l’ambiguità di un reato, peraltro ancora inesistente nel codice penale, chiamato concorso esterno in associazione mafiosa”. Ovviamente, aggiunge ancora il parlamentare “in nome dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura, coloro che hanno distrutto la vita dell’ex capo della Polizia non pagheranno per i loro errori avendo, nel frattempo, fatto carriera”.
Per D’Anna “nel mentre il Senato licenzia un ulteriore provvedimento (la confisca dei beni per i pubblici amministratori) che rinforza ulteriormente il potere e la discrezionalità dei giudici, la cronaca ci consegna un caso che dovrebbe spingere le anime belle che tuttora abitano in Parlamento, ad assumere iniziative legislative volte almeno a definire, tipizzare e quindi circoscrivere l’applicabilità del reato di concorso esterno. Per tutti quanti gli altri valga il monito di Hemingway: la campana (della giustizia ingiusta) suona anche per te”.