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Coronavirus, la vita dopo: un’attenzione diversa nelle pratiche di igiene quotidiane

C’è una foto che può essere presa come simbolo, è quella degli operai di Wuhan tornati al lavoro che mangiano, in pausa pranzo, a debita distanza l’uno dall’altro. Difficile immaginare allo stesso modo una fabbrica italiana, ma è certo che la via che seguirà il ritorno alla normalità dopo il coronavirus sarà la stessa anche da noi: distanziamento sociale, aperture graduali e ancora mascherine (come gli orientali fanno da tempo anche per il solo raffreddore) negli spazi pubblici.

«Sicuramente ci rimarrà, nella quotidianità, un’attenzione diversa nelle buone pratiche di igiene quotidiane come già sanno quelle famiglie che sono a contatto con una persona immunodepressa.

Il martellamento mediatico sul lavaggio delle mani non ci lascerà con facilità. Soprattutto ci metteremo un po’ a rifarci una tranquillità mentale che ci riporti a comportamenti quotidiani e abitudini, per esempio quella del viaggiare, che erano radicate in noi» spiega Matteo Guidotti, chimico del Cnr-Scitec, l’Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche Giulio Natta.

I tempi del ritorno alla vita di prima non sono calcolabili e non è possibile affermare che la vita di prima ritorni inalterata. «Fino a che non si disporrà di un vaccino il problema è quello delle ondate di ritorno, del ricascarci. Se un aereo dall’Europa arriva oggi in Cina la minaccia ritorna e ancora resta il dubbio anche per quanti hanno avuto la malattia perché non abbiamo certezze sull’immunizzazione. Serve di nuovo la quarantena stretta per gli “alieni” arrivati».

Le cautele sono d’obbligo e questo porta a dire che tutto il settore dei viaggi sarà diverso, evidenzia VanityFair.it. «Lo spostarsi lontano dal proprio paese, ma anche dalla propria regione nei primi tempi sarà difficile perché nessun luogo si considera sicuro». E non solo questo nelle ipotesi che il governo studia per evitare una nuova ondata di contagio.

Il nuovo provvedimento che entrerà in vigore sabato 4 aprile dovrebbe durare fino al 18 aprile. Fino a Pasqua nulla cambierà rispetto a ora. Dopo dovrebbero poter aprile le attività imprenditoriali collegate alla filiera alimentare e farmaceutica, per esempio quelle della meccanica e della chimica che operano per questi settori. Solo a fine aprile potrebbe esserci una ripartenza delle altre attività sempre in base ai risultati scientifici sul calo dei contagiati.

In fondo alla lista restano i luoghi dove ci sonno possibilità di assembramento: discoteche, pub, eventi, concerti, eventi sportivi, convegni, ma anche bar e ristoranti. Il requisito dovrebbe restare quello della distanza fra i clienti: almeno un metro. Per questo motivo restano chiusi anche parrucchieri ed estetiste.

Sono già cambiati ritmi e forme del lavoro dal digitale con lo smart working e la didattica a distanza alle vendite fatte on line con consegne a domicilio. Nessuno pensa di abbandonare il supermercato, ma l’affollamento sarà evitato almeno nel primo periodo e saranno anche i ristoranti a valorizzare di più il loro servizio a domicilio.

La fetta di popolazione più a rischio, anziani e persone con patologie, dovrà restare a casa più a lungo per loro protezione. «C’è il problema degli asintomatici che possono trasmettere il contagio: è la cosa più subdola. Ebola, che ha mortalità elevata, non presenta asintomatici e quindi il contagio è più difficile, anche con pratiche basilari di igiene ospedaliera. Invece sono proprio gli ospedalieri i primi a essere colpiti perché non c’è una chiara delimitazione fra la zona pulita e la zona sporca, non c’è una delimitazione del rischio di contagio».

Per gestire la situazione abbiamo guardato al passato. «L’ultima ondata pandemica che ha veramente messo in ginocchio il mondo risale a 100 anni fa, l’influenza A H1-N1, la spagnola. Scopriamo che il metodo di mitigazione è sempre lo stesso: la quarantena» spiega Guidotti che ha partecipato alle simulazioni di eventi catastrofici legate al settore CBRN, chimico, biologico, radiologico, nucleare. «C’era capitato nel 2009, all’epoca dell’influenza aviaria, di simulare un’ondata epidemica con medici, responsabili della protezione civile e dell’esercito. Avevamo analizzato le carenze del sistema in quel caso, ma fra la teoria e la pratica però c’è sempre differenza. Soprattutto quando la minaccia è biologica, batteriologica o virale che sia, perché autoreplicante: da un individuo malato in 10 giorni posso avere un milione di individui malati».

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