L‘Istituto superiore di Sanità e il governo “devono rendersi conto di quanto e come è cambiata la situazione” sul fronte coronavirus dall’inizio dell’epidemia. A chiederlo è il direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, secondo il quale ormai “si registrano casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamano contagi, ma sono persone positive al tampone”.
“Abbiamo condotto uno studio su 133 ricercatori del Mario Negri e 298 dipendenti della Brembo. In tutto, quaranta casi di tamponi positivi – spiega Remuzzi in un’intervista al Corriere della Sera – Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a meno di diecimila copie di Rna virale. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale”.
Secondo il direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri “Iss e governo devono capire che è cambiata la situazione dal 20 febbraio e devono quindi comunicare di conseguenza. Altrimenti si contribuisce magari in modo involontario a diffondere paura ingiustificata”. Il metodo del doppio tampone e del tracciamento “va bene per un piccolo focolaio – prosegue Remuzzi -. Ma se il virus circola da mesi e poi esplode come accaduto in Lombardia, rischia di diventare controproducente, a meno di avere un’organizzazione ferrea tipo Wuhan. L’attuale sistema non è sbagliato ma sta andando avanti in modo burocratico con delle regole che non tengono conto di quanto sta emergendo dalla letteratura scientifica. Non bisogna confondere il numero dei tamponi con l’andamento dell’epidemia”.
“Bisogna dire quanto Covid c’è nelle nuove positività – conclude -. Il virus è lo stesso ma per ragioni che nessuno conosce, e forese per questo c’è difficoltà ad ammetterlo, in quei tamponi ce ne è poco, molto meno di prima. E di questo va tenuto conto”.