Economia e Welfare

Coronavirus, Starbucks chiude metà dei negozi in Cina

Starbucks ha annunciato la chiusura temporanea di metà dei propri punti vendita in Cina sui timori di contagio del coronavirus. La catena di negozi di caffè non è la prima a chiudere negozi nel Paese: pochi giorni fa anche McDonald’s aveva annunciato una decisione simile. Alla fine del 2019 Starbucks contava in Cina 4.292 negozi, il 16% in più dell’anno precedente. La chiusura, ha precisato la società, avrà un impatto sul trimestre e sull’intero anno fiscale.

Starbucks è una catena di caffè statunitense fondata a Seattle nel 1971. Parte di essa è la più grande catena del suo genere al mondo, con 28 720 punti vendita in 78 paesi, di cui 12 000 negli Stati Uniti.

I punti vendita di Starbucks vendono esclusivamente la propria marca di caffè (macinato o in grani), tè, bevande, pasticcini, utensili e macchine da caffè, ma l’obiettivo principale dell’azienda è quello di “fornire un’esperienza al consumatore”, vale a dire offrire ai propri clienti un servizio unico che non troverà nei caffè di un’altra marca.

Oltre al classico locale, Starbucks ha sviluppato un particolare concept store, la “Roastery”; la prima è stata aperta a Seattle nel 2013. Starbucks prevede di aprire 20 o 30 spazi simili, tra cui uno a Shanghai inaugurato nel dicembre 2017. Il gruppo prevede inoltre di aprire ulteriori “Roastery”, ma con il marchio “Starbucks Reserve brand”, con un logo diverso da quello dei caffè tradizionali. A Seattle e Shanghai è seguita, il 6 settembre 2018, Milano. Ulteriori aperture di questo concept sono previste a Chicago, New York e Tokyo.

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