Cosa mi metto? È il dilemma che ogni donna ha dovuto affrontare almeno una volta nella vita, ammettiamolo. Anche le meno appassionate di fashion, ogni tanto si ritrovano a non essere convinte dell’outfit scelto, oppure a essere stufe di fare i soliti abbinamenti. Le fashion addicted, invece, sono sempre alla ricerca di spunti per nuovi outfit perché, diciamocelo, il guardaroba è sempre stracolmo, ma il “non ho niente da mettere!” è un must a cui ricorriamo sempre tutte… Che fare quindi? La tecnologia viene in nostro soccorso, con algoritmi e app per scegliere l’outfit che ci aiutano a fare acquisti più meditati e che ci danno anche consigli per abbinamenti in base a ciò che abbiamo nell’armadio! La mattina prima di andare in ufficio, a scuola, in università oppure la sera per uscire a cena, la situazione che ci accomuna più o meno tutte è questa: in piedi davanti all’armadio aperto, sguardo scrutatore e un po’ afflitto, accompagnato da una mano che passa in rassegna gli abiti appesi o piegati, alla ricerca di qualcosa che sembra non esserci: l’outfit perfetto.
Il cruccio è di solito legato agli abbinamenti; alcuni non ci piacciono, vogliamo cambiare i soliti e ce ne sono tanti che non vediamo o non azzardiamo. Ed è proprio per questo motivo che già Zalando, Bonprix e altri grandi e-commerce di moda propongono magici pulsanti come “acquista l’outfit”, “completa l’outfit” o “si abbina con”. L’obiettivo? Sicuramente incrementare le loro vendite, ma anche darci spunti per nuovi look, o ispirarci per l’abbinamento con capi che già possediamo.
Non è un segreto il fatto che la tecnologia abbia inglobato, in particolare nel corso dell’ultimo decennio, ogni aspetto della vita quotidiana. In nome del comfort e della velocità di consumo, nel 2019 esistono e prolificano app per tutte quelle attività umana che, un tempo, erano affidate all’esclusiva, e unica, capacità creativa dell’individuo.
L’ultima novità arrivata, in tal senso, è lo stylist virtuale di Facebook, svelato in questi giorni e in arrivo a fine ottobre, intitolato Fashion++. Grazie al sistema che ne è alla base, lo stylist propone infatti dei suggerimenti riguardo l’acquisto di nuovi capi d’abbigliamento o dei semplici ritocchi, come infilare una camicia o rimboccarsi le maniche: un dispositivo sviluppato attraverso l’intelligenza artificiale, che ha accesso a migliaia di foto di dominio pubblico per apprendere man mano a riconoscere gli abbinamenti più di tendenza.
All’inizio dell’anno anche Amazon, in occasione dell’evento re:MARS, dedicato a robotica, spazio ed intelligenza artificiale, ha presentato una funzionalità simile: si tratta di StyleSnap, integrata nell’app di Amazon, che sfrutta l’intelligenza artificiale per fornire suggerimenti di stile a partire da una foto.
Stessa cosa per Style match, strumento di ricerca visuale lanciato da Asos, o ancora Echo Look, che tramite una telecamera smart collegata all’assistente virtuale Alexa, immortala il look indossato per individuare i gusti corrispondenti in fatto di moda e proporre delle valide alternative. Cos’hanno in comune le suddette personal stylist virtuali? Ognuna di loro utilizza la tecnologia del deep learning, basata sull’apprendimento automatico e costituita da un network di reti neurali artificiali, addestrate per rilevare le immagini degli abiti e funzionare, di fatto, come un cervello umano.
Il punto da mettere a fuoco è proprio questo: è davvero possibile replicare una capacità creativa della mente umana, come quella di dare vita al proprio stile personale? Di fatto, l’individuazione delle tendenze potrebbe sì essere considerata come un attributo analitico, ma nel proporre dei consigli di stile, un dispositivo robotico non terrà mai conto del mood emotivo di chi indossa quei capi, la variabile che probabilmente influenza più di tutte la scelta del proprio outfit ogni giorno. Una scelta che rientra in quel minuscolo spazio di manovra che ci è rimasto per non omologarci e rendere prevedibile ogni nostra opzione di consumo, ben espressa da Alessandro Michele nella sua ultima collezione Primavera/Estate 2020 per Gucci.
Il vestire rientra infatti a pieno titolo nella fitta trama egemonica che si adatta al sentire comune per poi riproporlo nella sua modalità più normativa, esattamente come farebbe un’app. L’antidoto all’omologazione non è tuttavia quello di evitare completamente la tecnologia e ciò che essa propone, ma dare priorità e spazio a nuove forme di soggettivazione con cui ognuno possa avere in pieno potere le scelte che riguardano il proprio corpo e la sua poliedrica espressione: ben venga quindi l’intelligenza artificiale, purché usata consapevolmente. Ovvero, senza dare per scontata neanche per un momento la possibilità che, ancora, abbiamo di autodeterminarci, anche grazie alla moda.