Prima si inseguiva il coronavirus in Italia, ora si rischia di inseguire le sue varianti. L’ombra della mutazione inglese, ma anche di quelle brasiliana e sudafricana, si allunga sull’Umbria in gran parte rossa – che ha 500 ricoverati, in un territorio piccolo, uno in più ogni ora – ma anche su altre regioni, come il Molise e la Puglia.
Lockdown locali si moltiplicano – come a Chiusi nel Senese – nel timore che le versioni più contagiose e meno conosciute del virus dilaghino come nel Regno Unito. Mentre la curva dell’epidemia nella penisola resta stabile, ma su valori alti (ancora 307 morti). L’Italia è in grandissima parte in zona gialla – 17 regioni e province autonome da ieri con la Sardegna -, tranne Sicilia e Puglia arancioni e l’Alto Adige in rosso per scelta propria. Così come sono in lockdown Perugia e provincia, sempre in Umbria sei comuni del Ternano – circa 65 mila persone in tutto – e 28 piccoli centri del basso Molise. In Puglia il sindaco di Serracapriola (Foggia), al confine, chiederà la zona rossa temendo il contagio. Si invocano più controlli sugli spostamenti dalla piccola regione confinante. A Chiusi (Siena), zona rossa fino al 14 febbraio per l’aumento dei casi tra cui contagi provocati dalle varianti, è partito, con oltre cinquemila prenotati su ottomila abitanti, lo screening di massa. Resta un’incognita se le decisioni su eventuali nuovi cambi di colore delle regioni dopo il monitoraggio di venerdì toccheranno al governo uscente o a quello che sta formando il presidente incaricato Mario Draghi. E’ possibile che si debba intervenire con un decreto anche sulla mobilità tra regioni, il cui blocco scadrà il 15 febbraio, lunedì prossimo. Draghi che per ironia della sorte ha una casa a Città della Pieve, in provincia di Perugia, in zona rossa, dalla quale è ripartito oggi per Roma per le consultazioni dopo avervi trascorso il weekend.