Al suo rientro dall’Iran, Massimo D’Alema si è scagliato contro il gruppo dirigente del PD, fino ad arrivare ai vertici massimi, nella persona di Matteo Renzi.
«Il Pd e’ finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non e’ passato per l’anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento cosi’ difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e presentarmi al Nazareno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?» sono state le parole di Massimo D’Alema, che ha rilanciato con la possibilità di includere i fuoriusciti e i malcontenti in una nuova forza politica.
Anche se la minoranza del PD, guidata da Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, fino ad ora non si è affatto pronunciata in merito a una scissione, tutt’altro. Bersani ha ironizzato sul fatto che è più facile che sia Renzi ad andarsene piuttosto che loro, che invece preferiscono continuare a guidare la battaglia da dentro le file del PD, non all’esterno.
Su una cosa D’Alema e Bersani sono perfettamente d’accordo: il Partito Democratico è finito nelle mani di un gruppetto di persone che comandano più che governare, che seguono le proprie leggi senza dare minimamente ascolto alla minoranza, che non ha a cuore il futuro del centrosinistra. E mentre proprio D’Alema definisce quel gruppo come «persone arroganti e autoreferenziali», egli stesso finisce per essere apostrofato da altri colleghi di partito (vedi Matteo Orfini) come arrogante, mentre Andrea Romano risponde all’ex premier per le rime, affermando che la sua sarebbe solo invidia nei confronti di chi è riuscito laddove lui, invece, ha fallito.