Da Oxford alla Cina, da Ercolano a Capri. Si è scatenata una vera e propria gara internazionale per aggiudicarsi la “Biblioteca Amedeo Maiuri” di proprietà del Centro Internazionale per gli Studi Pompeiani dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, attualmente ospitata all’interno della sede del Comune di Pompei.
Dopo la notizia dello sfratto della biblioteca recentemente intimato dal Comune di Pompei all’Università Suor Orsola Benincasa, le istituzioni culturali di diverse parti del mondo hanno fiutato questa grande opportunità e prontamente sono arrivate offerte di ospitalità per questo importante e storico fondo librario dedicato ad Amedeo Maiuri, uno dei massimi archeologi italiani del XX secolo. Ad attivarsi, le Università di Cambridge ed Oxford, le amministrazioni di Capri e persino il Ministro della Cultura cinese. Grazie all’intervento del Consiglio Superiore per i Beni Culturali, l’importanza di questo “patrimonio” è stata compresa anche dall’amministrazione comunale di Pompei che sta ora concertando con il Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio d’Alessandro, e con il direttore del Centro Internazionale per gli Studi Pompeiani, Umberto Pappalardo, una nuova collocazione per la Biblioteca ed anche un progetto multimediale rivolto ad un’ulteriore valorizzazione del luogo.
E’ l’ennesimo schiaffo alla cultura che parte dalla nostra regione: perdere un altro pezzo del nostro patrimonio culturale sarebbe un sacrilegio. Parliamo di un luogo che rappresenta un pezzo di storia un vero e proprio polo scientifico che contiene circa quattromila volumi di pregio, compresi scritti originali di Maiuri, l’archeologo che scoprì le domus più preziose di Pompei. Testi che potrebbero finire in un’umida cantina per fare spazio a nuovi uffici del Comune o all’estero: tutto sommato siamo tristemente abituati a lasciarci sfuggire il meglio della nostra storia… Pompei è e resterà eternamente la giusta dimora di questo grande archivio ed è fondamentale evitare a questi preziosi testi lo stesso destino dei Girolomini, che rappresentano un’altra grande lacuna del nostro fare cultura.