Luigi de Magistris è un uomo passionale, uno capace di trascinare le folle.
È ormai da anni, da quando è diventaro sindaco di Napoli, un punto di riferimento per tanti che non si riconoscono in quella che è la linea politica del PDi ed in tanti che auspicano una rinnovata unità della sinistra.
Disponibile, umile, umano, doti che oggi come oggi sono difficili da riscontrare in un politico.
Di recente, il sindaco di Napoli ha parlato di umanesimo della politica e nella politica.
Senza voler scomodare paragoni illustri, ma a cosa ci si riferisce quando si parla di umanesimo?
Storicamente, si definisce umanesimo, quel “movimento culturale, ispirato da Francesco Petrarca e in parte da Giovanni Boccaccio, volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità e non più nella loro interpretazione allegorica, inserendo quindi anche usanze e credenze dell’antichità nella loro quotidianità tramite i quali poter avviare una “rinascita” della cultura europea dopo i “secoli bui” del Medioevo“.
Ecco, appunto, una rinascita della cultura europea.
Rinascita che de Magistris da quando è sindaco di Napoli, sta provando a portare avanti, seppur tra mille difficoltà.
Un modello di rinascita, capace di unire e non di dividere.
Un modello da esportare certamente e da diffondere.
Una rinascita di quella umanità, che manca in tanti politici, capaci solo di starnazzare e di urlare come le oche del Campidoglio.
Arrivisti, arrugginito, e chi più ne ha più ne metta.
Umanità che de Magistris ha dimostrato ancora una volta, di recente, quando ha teso la mano al comandante della Sea Watch con a bordo i 49 migranti.
Una umanità che cozza contro la politica decisionista e contro lo stato quasi di polizia che il ministro dell’interno Matteo Salvini, continua a portare avanti.
De Magistris vs Salvini.
Umanità contro disumanità?
Non volendo fare paragoni azzardati e pensando proprio al periodo dell’umanesimo rinascimentale, sembra quasi di assistere allo scontro tra Lorenzo de’ Medici da Firenze (in questo caso de Magistris), umanista, letterato, colto, mecenate e che voleva l’unione e la pace tra gli Stati italiani già allora, e Gian Galeazzo Sforza (Salvini), abile stratega, militare, generale, decisionista e sempre pronto a fare guerra e ad impugnare la spada.
In nome di cosa poi e per che cosa?
In un periodo storico caratterizzato dall’ arrivismo, dalla bramosia di potere, dal sopruso, dalla legge del più forte, dal carriersimo esasperato, non posso non augurarmi che a proliferare siano sempre più i de Magistris rispetto ai Salvini, dei quali la storia, nel corso degli ultimi secoli, ha dimostrato di voler e poter fare volentieri a meno.