di Gennaro Zollo
È difficile riuscire ad esprimere le proprie emozioni, a trovare le giuste parole, quelle che danno la giusta interpretazione ai propri pensieri e sentimenti, quelle che permettono all’altro di percepire la realtà così come tu la vedi e la vivi. Ma voglio comunque provarci.
Questa estate sono sceso per la seconda volta, a distanza di due anni, in Africa. Per la precisione sono stato in Uganda. L’ho definita “la seconda mia prima volta”. Quando si pensa che le emozioni, le impressioni, gli incontri che rivivrai saranno gli stessi si sbaglia. In Africa non c’è una seconda volta, anzi, ogni volta è come se fosse la prima. Ed è esattamente quello che è capitato a me. Potrebbe sembrare strano da comprendere, da immaginare, forse per chi non ha mai vissuto queste esperienze risulta davvero difficile capire, ma è così! Ogni volta guardi da una prospettiva diversa, con occhi diversi, con una maturità diversa, e tutto ti porta a relazionarti a quelle persone e a quei bambini in modo diverso da come lo hai fatto in passato.
Sono rientrato da qualche giorno in Italia, ma il pensiero continua ad essere fermo lì, su quella terra rossa, continua a richiamare i tanti sguardi che ho incrociato, mi rimanda inevitabilmente ai tanti incontri che ho avuto. Tra questi, uno in particolar modo ha segnato in maniere indelebile il mio cuore. Provo a raccontarlo.
Sono stato quest’anno, per la seconda volta, in un centro gestito dai “Missionari dei Poveri”, congregazione che si dedica alle opere di carità verso i poveri e alle missioni popolari. Il centro si trova in uno degli slum di Kampala, la capitale ugandese. Non nascondo la mia forte emozione e stato di agitazione profondo che avvertivo mentre il primo giorno mi stavo recando presso la struttura. Durante il tragitto provavo a trovare una spiegazione al mio stato d’animo, mi dicevo: “Eppure ci sono stato due anni fa, so cosa incontrerò non appena passerò quel cancello”. Ma non riuscivo a trovare comunque una risposta alla mia domanda. Ricordo bene però nella mia mente il momento in cui quello stato di agitazione ha lasciato spazio alla gioia. E lo devo ad uno di quei bambini disabili che vivono in quella struttura. Stavo parlando con il padre responsabile, il quale mi stava aggiornando sulle diverse situazioni che si preparavano ad affrontare, quando ad un certo punto, all’improvviso, un bambino mi abbraccia forte da dietro. Ho avvertito in quel momento una profonda scossa, seguita, subito dopo, da un gran senso di tranquillità. L’abbraccio forte di quel ragazzino è stato in grado di trasmettermi serenità, quasi a dirmi di stare tranquillo, di sentirmi a casa mia, che non avevo alcun motivo di sentirmi agitato. A volte si pensa di andare in Africa e voler portare aiuti, di voler cambiare quel mondo, poi quando si è lì si scopre che il primo ad essere aiutato sei proprio tu! E il tutto diventa ancora più incomprensibile se accade in luoghi come questi dove ovunque ti giri scorgi tanta sofferenza e tanta povertà. Ma vedi anche tanti sorrisi, la voglia di tanti di stringerti la mano, o di starti semplicemente accanto, di attirare la tua attenzione. Traspare in modo molto chiaro l’esigenza di quei bambini e di quelle persone: hanno bisogno di affetto, di sentirsi per un po’ rassicurati, proprio come aveva fatto quel bambino con me!
Una delle pochissime certezze che si acquisisce da queste esperienze è che in questi luoghi c’è bisogno prima di tutto dell’amore. E lo si capisce guardando gli occhioni spalancati di quei bambini, che camminano scalzi eppure sorridono, non riescono a muoversi eppure sorridono, mangiano una volta al giorno eppure sorridono, girano semi nudi eppure sorridono. Mostrano una dignità che lascia senza parole!
Di questa mia seconda esperienza non posso fare a meno di ringraziare il movimento di Africa Mission – Cooperazione&Sviluppo che da circa dieci anni, ogni anno durante i mesi estivi, dà la possibilità a ragazzi come me di partecipare al progetto “Vieni e Vedi”. Si ha davvero l’occasione di poter toccare con mano e vedere con i propri occhi ciò che di concreto la ONG fa da circa trent’anni in Uganda, in particolar modo nella regione del Karamoja. Ma questo viaggio è soprattutto un’esperienza di vita per chi ha voglia di mettersi in gioco: in Africa il confronto con se stessi è invitabile, non ne puoi fare a meno. L’unica alternativa è quella di tirare fuori il coraggio e la voglia per dare davvero una svolta alla propria vita, e quella paura, di cui spesso siamo facile preda, di affrontare le situazioni e le sfide che la vita ogni giorno ci pone, quasi scompare.
Emozioni, turbamenti, lacrime, dubbi, gioie, sorrisi, amicizie, strette allo stomaco, ansie, nuove prospettive: anche questa volta sono tornato arricchito da una terra così povera!