Dilma Rousseff ce l’ha fatta di nuovo. Il primo Presidente donna del Brasile si è riconfermata anche per il secondo mandato, dopo una lotta all’ultima scheda elettorale che ha tenuto sulle spine chiunque abbia seguito con attenzione queste elezioni presidenziali. Alla fine, il Partito dei Lavoratori e la sua candidata hanno vinto, sebbene con uno scarto di pochissimi voti rispetto all’avversario Aécio Neves: il 51,6% dei consensi a lei, e il 48,3% al secondo. Sembrerebbe quasi che il Paese si sia diviso pressappoco a metà, chi da una parte e chi dall’altra, e non si sbaglierebbe in effetti a credere in una divisione.
Più che diviso, il Brasile è spaccato in due, in un Nord e un Sud proverbialmente diversi e contrastanti, anche se non come vorrebbero i diffusi idealismi e convinzioni popolari: qui, è il Nord ad essere la regione più povera, mentre il Sud se la cava decisamente meglio. Le grandi città del Sud sono andate incontro ad un rapidissimo sviluppo economico e sociale negli ultimi decenni, mentre il Nord stenta ancora a tenere il passo. Ed è proprio lì, al Nord, che si trova il grande bacino elettorale che ha portato alla vittoria Dilma Rousseff, la Presidenta che ha fatto della lotta alla povertà e alla disuguaglianza uno dei suoi cavalli di battaglia. Le statistiche parlano di risultati più che positivi: il PIL del Paese si è più che triplicato, la disoccupazione è diminuita, e il Brasile è diventato la settima economia più grande al mondo. Ma ancora tutto questo non basta. Ancora più del 10% della popolazione brasiliana vive in condizioni di indigenza nelle favelas, e dall’inizio del 2014 la crescita ha subito una battuta d’arresto mentre l’inflazione andava incontro a un aumento. Per questo Dilma Rousseff non molla la sua politica mirata all’aumento del reddito individuale e della produttività del Paese nonché ad una drastica riduzione della disuguaglianza. Nel suo percorso, però, potrebbe incontrare non pochi ostacoli. O meglio, degli avversari.
In primis, il mondo della Borsa e della finanza. La presidentessa Rousseff si è attirata non poche antipatie intervenendo tanto, anche troppo, nella vita politica del Brasile, e adesso si trova di fronte al difficile e delicatissimo compito di dover riguadagnare la fiducia degli investitori stranieri. Impresa quanto mai delicata, se si pensa che contemporaneamente alla sua rielezione i mercati hanno subito un vero e proprio crollo. Adesso c’è da fermare il deflusso di capitali esteri in corso, sistemare il bilancio pubblico e mettere mano anche a tariffe di benzina, elettricità e trasporti pubblici.
Poi, c’è la larga fetta degli scontenti. Neanche dire che il Brasile è diviso in due è totalmente corretto, perché, accanto ai voti andati ai due candidati al ballottaggio, bisogna considerare pure i sette milioni di schede bianche o nulle, e i circa trenta milioni di astenuti. Una cifra considerevole, anche per una nazione da duecento milioni di abitanti come quella brasiliana. Un numero elevatissimi di cittadini che la Rousseff non potrà certo trascurare, se vorrà fondare il suo governo su solide basi. Del resto, sembra esserne convinta lei stessa, quando scrive di essere disposta al dialogo e di voler puntare su una linea politica pacifica.
Infine, c’è da fare i conti con il Parlamento. L’ampia coalizione che ha appoggiato la sessantaseienne di Belo Horizonte alla Camera e al Senato è decisamente troppo ampia, e troppo poco coesa alla base, caratterizzata da instabilità e maggiori probabilità di conflitti interni. Senza contare che in molti sono rimasti scontenti di come sia stata condotta la campagna elettorale, visto che il partito ha perso un posto al Senato e ben diciotto per i suoi deputati alla Camera, nonostante resti la forza politica numero uno.
Non si sa se e come la donna più importante del Brasile riuscirà effettivamente a guidare il principale Stato dell’America Latina verso la crescita economica, politica e sociale. Dal mondo della finanza, si levano voci che ritengono possibile una situazione stazionaria per la moneta, con probabili ribassi, ma di miglioramenti al momento non se ne parla. Questo potrebbe essere il mandato che segnerà la fine del dominio del Partito dei Lavoratori, o forse vedremo proseguire la stagione di successi inaugurata da Lula da Silva. Quello su cui tutti sembrano essere d’accordo, e la Rousseff per prima, è che nessuna parte del Paese, né quella più povera, né quella più ostile al governo, potrà essere lasciata indietro.