Da pochi giorni si è tenuta a Vienna presso la Dorotheum una importante seduta d’asta, nel corso della quale sono stati presentati numerosi dipinti del Seicento napoletano, degni di essere commentati per i nostri affezionati lettori. Partiamo la nostra carrellata da una sensuale Maria Maddalena in estasi , capolavoro di Artemisia Gentileschi, specialista del nudo femminile, che è stata aggiudicata per oltre mezzo milione di euro ad un collezionista dai gusti raffinati, che potrà contemplare nel suo salotto il volto smarrito della fanciulla, ma soprattutto il suo seno, piccolo ma accattivante.
Il dipinto va collocato tra il 1630 ed il 1640 e come sostiene Riccardo Lattuada si può ipotizzare una collaborazione di Micco Spadaro per il paesaggio.
Rimanendo tra i capolavori esaminiamo ora una inedita pala d’altare, raffigurante la Sacra famiglia con S. Anna e San Gioacchino che va ad incrementare il già cospicuo catalogo di Luca Giordano. Il dipinto va collocato al periodo della piena maturità dell’artista, intorno al 1680, quando le sue composizioni, di classica eleganza formale, sono animate da un vivo cromatismo dai colori brillanti, mentre le figure conservano e trasmettono all’osservatore una calma serafica.
Passiamo ora ad uno struggente paesaggio di Salvator Rosa, una Marina con barche , che ebbe l’onore di essere esposto alla memorabile mostra Civiltà del Seicento a Napoli, tenutasi nel 1984. Come già sottolineò il Salerno nella scheda del catalogo il dipinto rappresenta un saggio notevole della sua originaria formazione naturalistica, per cui la sua datazione va posta prima delle sue spettacolari Marine eseguite durante il soggiorno a Firenze.
Vi è poi un Ribera raffigurante S.Onofrio che costituisce l’antitesi del dipinto della Gentileschi, dove vi è un trionfo della bellezza, mentre nella tela dello Spagnoletto si esaltano rughe e vecchiaia, flaccidità della pelle e trascorrere inesorabile del tempo, con un teschio che sembra rammentarci: polvere sei e polvere ritornerai ad essere. Aveva ragione Lord Byron quando affermava che il valenzano non usava i colori degli altri pittori, ma intingeva orgoglioso il pennello nel sangue di tutti i santi.
Molto bello è il quadro di Nicola Vaccaro, raffigurante Adamo ed Eva con Abele e Caino pargoletti. Le epidermidi dei personaggi, realizzate con grande dolcezza, risaltano sul paesaggio retrostante dominato da colori scuri, mentre dai volti si irradia gioia di vivere e voglia di pace e serenità.
Passando ad autori meno noti, segnaliamo una Basilica di Costantino con l’adorazione dei Magi di Niccolo Codazzi con figure eseguita da Michelangelo Cerquozzi. Un dipinto già pubblicato nel 1993 da Marshall nella sua monografia dedicata all’artista.
Vi è poi da ammirare un Tributo della moneta di Giovan Battista Beinaschi, nel quale il timbro scuro risulta vivacizzato attraverso l’inserimento di alcune figure ben definite nelle fisionomie, così che la composizione evidenzia una corretta definizione delle forme ed una equilibrata disciplina formale.
Un dipinto che mette in evidenza il tentativo di raggiungere in diversa maniera la levità di tocco del barocco, ottenuta in genere per mezzo della luce e del colore. Modesta e di attribuzione border line è la Predica di San Giovanni assegnata ad Andrea De Lione, artista in grado di esprimersi a livelli ben più alti.
Esaminiamo ora tre nature morte, partendo da uno straordinario lavoro di Giovan Battista Recco, un Agnello legato come allegoria della Pasqua, dall’emozionante impatto visivo, presentato nella esaustiva scheda come inedito, nonostante figurasse nella mia monografia: La natura morta napoletana dei Recco e dei Ruoppolo(tav. 30), pubblicata nel 2009, nella quale commentavo il dipinto, transitato presso Semenzato a Roma nell’ottobre del 1989.
Passiamo poi ad uno smagliante Vaso di fiori di Abraham Brueghel, ispirato alla lezione di Mario Nuzzi ed eseguito durante il soggiorno romano dell’artista, per concludere con un Vaso ornamentale di fiorI assegnato senza ragionevoli motivi a Giacomo Recco.