Cosa ha detto Renzi in 10 pillole
Dal referendum al partito, dalle banche alle amministrative: il leader si toglie qualche sassolino
1) Il messaggio forse più forte della relazione di Matteo Renzi alla Direzione del Pd è stato quello che ha riguardato lo stato di salute del Pd e il suo ruolo personale: “Finché il segretario lo faccio io, le correnti non tornano a governare questo partito. Lo dico prima di tutto ai renziani: non c’è garanzia per nessuno in questo partito, a cominciare da me. Girate, ascoltate, andate nelle periferie, fate i tavolini: o state in mezzo alla gente o voi e noi non abbiamo futuro”.
2) Commentando le immagini del film di Ken Loach “Il mio amico Eric”, dedicato alla figura dell’ex calciatore Cantona, Renzi ha detto: “Questo partito per me non ha bisogno di uno che pensa tutti i giorni di fare goal, la cosa più importante è il passaggio, perché io mi fido dei miei compagni. Questa è una grande comunità, parli il linguaggio della verità. Ci si dica in faccia ciò che si pensa, ma si sappia che in questi due anni c’è chi ha lavorato per far tornare l’Italia a fare goal”.
3) Ma soprattutto ha attaccato il vecchio vizio di attaccare il segretario “senza avere una strategia alternativa”: “La stagione in cui qualcuno dall’alto della sua intelligenza si diverte ad abbattere i leader per me è finita. La stagione di chi usa la strategia del conte Ugolino per logorare chi sta alla guida del partito non funziona. Se volete i caminetti, prendete un altro segretario, io apro le finestre”.
4) E ancora sulla questione del doppio incarico ha indirettamente sfidato la sinistra interna: “Abbiamo dato l’idea di un continuo bombardamento al quartier generale. Non richiamate le cose belle fatte dal Pd, non da noi. Su questo c’è bisogno di una grande chiarezza: se volete che lasci, non avete che da chiedere un congresso e vincerlo. Se volete dividere i due incarichi premier e segretario, non avete che da chiedere una modifica statutaria e farla approvare”. Ammonendo: “Non c’è garanzia per nessuno: o state in mezzo alla gente o per il partito non c’è futuro”.
5) Renzi ha ripetuto il ragionamento sul voto amministrativo, difficile trovare un bandolo coerente per interpretare il voto: “Davvero possiamo dare un giudizio nazionale? Io non credo ma mi apro alla discussione. Qualcuno dice che non c’è più il tocco magico, lo sento soprattutto dai miei amici. Vorrei ricordare che il tocco magico non c’era nemmeno nel 2014, quando dopo la vittoria alle Europee abbiamo perso in alcune città importanti, con la destra e con il M5S, come Livorno, Potenza, Padova, Perugia. Ai ballottaggi, talvolta si vince e talvolta si perde. Anche nel 2015 è stato così”.
6) E ha respinto l’obiezione secondo la quale il Pd e il governo sarebbero stati disattenti sulla questione sociale: “Non si è mai fatto tanto per la crescita – ha detto il segretario-premier insistendo molto sui 497mila posti di lavoro in più in due anni – il cantiere sociale non ha bisogno di essere reinventato, ma raccontato, migliorato. Abbiamo lavorato sulla stabilizzazione del fondo per la non autosufficienza, del 5×1000, sulla legge per il terzo settore, misure per la povertà e la povertà educativa sono in discussione in parlamento, abbiamo messo fondi per le periferie”.
7) Ma gran parte della relazione Renzi non poteva non dedicarla alle riforme e al referendum, rispondendo sulla personalizzazione e sulla “minaccia” di dimissioni del governo: “E’ un refrain, ormai. C’è qualcuno tra di voi che possa pensare che, dopo che questa legislatura è nata in questo modo, nel caso in cui il referendum si chiudesse con un No, il governo non possa prendere atto di questo risultato?”.
8)Non si tratta dunque di “un derby personale”. Ma di ben altro: “Se il referendum passa, la classe politica ha dato un segnale. È la più bella pagina di autoriforma che una classe politica abbia mai fatto in Occidente. Questo è il punto della riforma. La classe politica sarà più in condizione di poter guidare la modernizzazione del Paese”. Dove modernizzare il Paese va fatto seguendo l’ispirazione di un “riformismo con l’anima”.
9) In precedenza Renzi si era voluto togliere “qualche sassolino” a proposito delle banche: “Trovo ingiustificate le polemiche fatte anche da alcuni di noi, riprendendo un tema dei Cinquestelle. Noi non abbiamo salvato i bancari o i banchieri: noi abbiamo salvato i correntisti”. E con trasparente allusione ai tempi di D’Alema: “E se le misure sulle Popolari fossero stati presi dal governo di centrosinistra nel 1998, che l’aveva proposto, oggi molte cose non sarebbero successe. E se la politica si fosse tenuta fuori dalle banche prima, non avremmo visto quello che è successo con Banca 121 o a Siena con Montepaschi”.
10) In apertura, dopo aver ricordato la terribile strage di Dacca e i problemi suscitati dalla Brexit, Renzi aveva toccato il tema della crescita come unica via per la ripresa dell’Europa: “La flessibilità da sola non basta. L’Europa deve avere la capacità di indicare un progetto chiaro e concretizzare con determinazione. Noi difendiamo una visione europeista che non è contro l’interesse nazionale, che difendo. Se fossimo stati più attenti sulla Fornero e meno disattenti sulle banche, staremmo meglio”.