Qui ed ora

Don Giovanni Liccardo: “Al fianco dei detenuti, nel nome di Papa Francesco”.

“Ho deciso di affrontare la sfida del carcere di Poggioreale, ispirato dalle parole di Papa Francesco, cioè ‘portare il Vangelo nelle periferie esistenziali della vita’. Io credo che un carcere sia una periferia socialmente abbandonata, di quelle che più hanno bisogno d’aiuto, di una parola di conforto”
Apre così, la sua intervista ai microfoni di Radio Club 91, Don Giovanni Liaccardo, cappellano del carcere di Poggioreale. In studio con lui, il Direttore Samuele Ciambriello che, dalla rubrica “Dentro i Fatti”, analizza con l’ex parroco di Marano, argomenti di stretta attualità e sensibilità sociale.

Papa Francesco ha detto presso la casa circondariale di Castrovillari: ‘se il carcere non aiuta il detenuto a reintegrarsi nella società, sarà stato solamente un periodo di punizione, spesso degradante per la dignità umana’. Il Pontefice sarà il 21 marzo proprio a Poggioreale. È d’accordo con le sue dichiarazioni?


Se ha scelto di venire qui, a pranzo con i carcerati, è per essere coerente con la sua linea di pensiero nei confronti dell’argomento. Il carcere è tempo di riconquista di se stessi, di riabilitazione. Spesso si è detto così, in tutti gli ambienti, anche politici, ma nei fatti non si mai verificato.

Non va tolta ai detenuti la dignità e, attraverso quest’ultima, si dà la possibilità a queste persone di riappropriarsi della propria libertà, anche dietro le sbarre. Nessuna legge può negarglielo. La dignità umana è l’essenza dell’uomo e nessuna potenza umana può limitarla.
Cosa si fa nel carcere perché i detenuti possano comprendere che il tempo trascorso lì non vada perduto ma, al contrario, possa tornare utile, attraverso cui cercare di ottenere qualche grazia?
Le “grazie” ai detenuti vengono attraverso il nostro contributo, aiuto, presenza, dal nostro stargli vicino. Non sempre riusciamo, però, ad esserne all’altezza. Ad ogni modo, queste persone hanno sempre uno sguardo benevolo nei nostri confronti, verso i volontari. Sanno, percepiscono che il nostro intento è solo quello di aiutarli.
E’ vero che i più poveri rischiano di restare in cella più a lungo? Questa è proprio un’affermazione del Direttore del carcere in questione.
Chi è povero resta in carcere perché non ha i giusti mezzi per pagare gli avvocati e la burocrazia italiana già, così lunga e tortuosa già li penalizza. Io credo che il 30% di loro potrebbero stare fuori. Do questo valore numerico perché il tempo che passa per i colloqui con i giudici a volte tiene dentro gente innocente, in attesa di essere processati e, quindi, rilasciati. Questo è un errore, causato dalla nostra legge, che capita troppo spesso.
La giustizia non è uguale per tutti, quindi. Molti escono innocenti, spesso in centinaia.
Non sempre il reato per cui sono accusati c’è stato realmente commesso.

 

Esattamente, è così. Me ne rendo conto quando hanno dei colloqui con noi che non siamo lì per giudicarli. Si aprono, nei loro occhi si legge tutta la voglia di rivalsa che imperversa nel loro animo.
Domani, a Poggioreale, sarà presente il Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Cosa vorrebbe chiedergli?

Vorrei dalla politica un atteggiamento più umano. Spesso si vedono volti oscuri che non danno speranza ai carcerati. Si deve partire da qui, dalle cose semplici: dare loro l’idea che si stia lavorando per delle persone e non degli oggetti o criminali. Inoltre, lo ripeto, gli chiederei di accorciare i tempi della giustizia. È una questione fondamentale.

 

Un ultimo pensiero va agli attentati di Parigi e il tentativo di strumentalizzare la religione come mandante di questi atti folli. Lei cosa ne pensa?

 

In questi scontri non c’è nulla di religioso ma, solamente, qualcosa di ordine economico e politico. Le religioni devono unire, qualsiasi sia il nome che si vuole attribuire a Dio. È sbagliato pensare che Islam significhi “violenza”, tutt’altro. Il significato della fede musulmana, della parola “Salam” è “pace”.

C’è una citazione fondamentale, presente in tutte le religioni, dalla cattolica, alla musulmana, e così via: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Credo sia la base su cui ragionare per una futura unione e collaborazione in nome della pace tra i popoli.

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