“Napoli, incrocio di bellezza e di ricchezze umane all’ombra del Vesuvio, con la sua complessità e i suoi evidenti problemi, alcuni antichi ed altri nuovi, rappresenta il vero tesoro del nostro Sud, con i suoi limiti e le sue possibilità. La capacità di resistere, reggendo, per così dire, anche al crollo di molte speranze, che trovo simile a quella della mia gente di Calabria, è la vostra e la nostra risorsa più grande. Accanto al desiderio di questa umanità che vuole rialzarsi, ci sono tanti che sperano e lottano ogni giorno per la giustizia e l’onesta, l’uguaglianza e la preferenza verso i più deboli, ma anche per la mancanza del lavoro, che rimane la vera piaga di questa nostra società. Con questa speranza, con questa forza, desidero venire tra voi e condividere la vita e il cammino della nostra fede battesimale”: queste parole sono un estratto della lettera con cui don Domenico Battaglia, che ama molto di più farsi chiamare Don Mimmo, ha salutato i sacerdoti dell’arcidiocesi di Napoli, nel giorno in cui è stato scelto da papa Bergoglio per subentrare dopo quattordici anni al cardinale Crescenzio Sepe.
Calabrese, nato a Satriano in provincia di Catanzaro il 20 gennaio 1963, monsignor Battaglia ha 57 anni, la stessa età che aveva un suo predecessore, il cardinale Michele Giordano, quando San Giovanni Paolo II lo nominò, nel 1987, sulla cattedra di Sant’Aspreno. Nel 2016 Bergoglio lo scelse come vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti in Campania e in quattro anni di episcopato non ha mutato il suo essere un autentico prete vicino agli ultimi, in particolare ai tossicodipendenti a cui ha dedicato gran parte del suo sacerdozio in Calabria.
Un profilo che il Papa aveva già individuato mesi fa, perché in possesso di tutte le caratteristiche necessarie per guidare l’arcidiocesi partenopea e curare inoltre il rapporto di paternità tra il vescovo e i suoi sacerdoti. A questi ultimi ha ricordato la massima del Vangelo in grado di guidarlo ancora, dopo molti anni: “Continua a sostenermi quella pagina del Vangelo in cui il cieco di Gerico, rincuorato dall’invito <<Coraggio! Alzati, ti chiama!>> (Mc 10,49), si alza in piedi e superando la distanza generata dal frastuono della folla e dal tumulto dei sentimenti, si riconosce in Gesù capace di seguirlo. La figura del cieco di Gerico provoca ancora oggi la mia vita. La gioia e la pace continuano ad esser alimentate dallo sguardo misericordioso di Dio in Gesù.”
Un invito di Don Mimmo, già ribattezzato Bergoglio del Sud, a superare le distanze, a scendere tra gli ultimi, a non rinchiudersi nelle proprie sicurezze ma a seguire l’unica voce capace di guidare i cristiani, quella di Gesù.
Un invito ad essere famiglia, a portare avanti i valori cristiani, ad essere parte viva della propria terra, come si legge nella medesima lettera: “Tra i valori che più apprezzo nella loro evidenza, emergono quelli dell’ospitalità e dell’accoglienza. Lo avere dimostrato in tanti modi: avete accolto uomini di cultura e poveri bisognosi di pane, d’istruzione e di speranza, sacerdoti, santi, che hanno fatto la storia di questa terra, verso cui va la riconoscenza mia e vostra. Anche io spero di essere accolto in questa grande famiglia e di diventare parte viva di questa terra.”
A cura di Giusy Santella