Dopo una campagna referendaria (o elettorale?) estenuante, cerchiamo di tirare le somme. Non si è riusciti né da una parte né dall’altra ad entrare nel merito del quesito: o un tecnicismo da professionisti del settore oppure una semplificazione populista spiccia. E il sottoscritto, non certo un esperto della materia giuridica, è rimasto con più domande che risposte. Un dubbio mi attanaglia: è o non è un voto politico?
Durante la Leopolda di inizio novembre, Renzi ha invocato: ”una apocalisse” in caso di sua sconfitta. Ad inizio maggio invece ” dovesse vincere il No, me ne vado”. Ecco, fotografato, immortalato e incorniciato, il momento in cui questo referendum confermativo è diventato un appuntamento politico/elettorale sul Governo. Ed è stato un suo grande errore, qualunque sia il risultato delle urne.
La modifica della Costituzione, il cambiamento cioè delle regole democratiche di un Paese, necessita del più ampio consenso della popolazione, della massima condivisione e discussione. Nessuno vuole entrare nello specifico della riforma, poiché (ed è vero) non è certo la battaglia della vita pubblica italiana. Ma se da una parte Renzi ha personalizzato un referendum importante, dall’altra riva del fiume la possibile sconfitta elettorale del Premier ha unito forze così diverse che non avrebbero modo di esistere in altre occasioni. Sognano il colpaccio in anticipo, prima delle politiche; annusano la vittoria e il governo del Paese e, per questo, preferiscono raschiare il fondo del barile populista che spiegare cosa c’è che non va in questa riforma. Allora, ancora una volta: è o non è un voto politico?
Devo ammetterlo, Renzi è stato bravo. Ha lanciato quello che potrebbe essere un boomerang, certo, ma che di sicuro ha colpito tanti durante il tragitto. Tra cui me. E tanti di sinistra, come me. Come possiamo non porci il problema di quello che accadrà?
Cerco di spiegarmi meglio: e se noi, ragazzi di sinistra, regalassimo il Paese alla destra?
Il mondo ci ha già dimostrato che le rivolte dal ”basso” verso le establishment è un leitmotiv della politica, la Brexit o l’elezione di Trump ne sono la testimonianza più evidente, insieme al crescere delle formazioni di estrema destra in tutta Europa. E’ tangibile che questo sarà anche lo scenario politico di un futuro prossimo. Allora ecco che la mia prospettiva cambia: da tecnico (e di difficile comprensione) a politico (più comprensibile).
Piaccia o no: Renzi è un argine. Non voglio assumermi la responsabilità di regalare il Paese a Grillo o peggio a Salvini. Non voglio farlo io almeno. Alla luce di ciò: come si può affermare che il voto non sia politico? E’ una colpa, certo. Di una politica certamente malata: dal protagonismo di Renzi alla pochezza di certi argomenti di una parte dell’opposizione.
Che fare? Volendo citare un bolscevico. La spada di Damocle (o di Renzi) pende sulla mia testa e non mi lascia votare in pace. Mi perseguiterà fin dentro la cabina elettorale. Che prospettiva ha questo Paese? Su che binari voglio farlo viaggiare? E a chi, cosa più importante, voglio affidare la guida?
Si, signori, è un voto politico.
Approfittare degli ultimi giorni prima del voto per rileggere le proposte di modifica della riforma la trovo cosa giusta. Ma riflettere sul futuro della condizione politica di questo Paese credo che sia cosa altrettanto saggia.
Quasi dimenticavo: buon voto.