Tutto l’acceso dibattito sul celibato ecclesiastico e dintorni fa capire come nell’istituzione ecclesiastica il problema drammaticamente irrisolto sia il rapporto perverso tra potere e sessualità, cosa che Gesù stronca alla radice, escludendo tassativamente il primo nella sua comunità e liberando la seconda da qualsiasi forma di dominio sull’altro/a, riportandola, secondo il piano originario della creazione, ad affetto, tenerezza, passione. Che sia durissimo superare una semplice normativa disciplinare – come quella che impone il celibato ai preti di rito latino – per restituire all’uomo la legittima libertà di scelta nello sposarsi o no, fa pensare quanta strada ancora bisogna fare per ritornare a Gesù ed al Suo Vangelo.
La questione del celibato sacerdotale attraversa la storia della Chiesa fin dalle sue origini. Pur non trattandosi di un dogma nel senso stretto del termine, con il tempo è divenuto un baluardo di una visione di Chiesa superata e non evangelicamente fondata. Siamo di fronte a una tematica dirimente, che coinvolge sia la Chiesa “mistica” e carismatica, sia quella istituzionale.
Il dibattito sul celibato dei preti va a intrecciarsi inevitabilmente con la crisi delle vocazioni, iniziata già prima del Concilio Vaticano II, che pure ha cercato di darvi una risposta. Clericalismo, abusi, rapporto difficile fra preti e comunità: dai documenti sinodali europei emerge la fotografia di una Chiesa in cerca di identità che chiede a Roma più coraggio nell’avviare processi di riforma sostanziali.
Il cardinale tedesco vicino a Papa Francesco, Reinhard Marx ha dichiarato: «I gay parte delle nostre comunità. La sessualità che Dio ci ha donato fa parte dei rapporti personali. Il celibato dei preti non è un dogma, alle donna devono andare ruoli apicali nella Chiesa.»
Qualcosa si muove tra i vescovi sia nel rapporto umano, pastorale con i preti sposati sia nel loro utilizzo in diocesi. In tante diocesi, compreso quella di Napoli c’ un Sinodo in corso, una Chiesa che dal basso riflette, si confronta, legge i segni dei tempi, fa scelte profetiche. Una chiesa sinodale vive ben al di là di un semplice forum di dibattito ove alcuni si prodigano in consigli attendendo che altri (ma chi?) li mettano in esecuzione. Ciò che ciascuno auspica non prenderà sostanza se non nella misura in cui lavora, riflette e si impegna. Mai da solo. È questo il senso della sinodalità. Essa va oltre la distinzione o l’opposizione fra consultivo e deliberativo, fra fedele e prete, preti e vescovi. I sinodi locali e non servono a passare dalla letteratura, dalla narrazione alla vita concreta, alla scelta di gesti di vita concreta, vincendo il clericalismo e le paure. La Chiesa, la comunità ecclesiale non è come il carcere un’istituzione totale e quindi ultreya.
Nella foto Papa Francesco che incontra un gruppo di preti sposati con le loro famiglie.