L’attuale crisi della politica, dei partiti, della democrazia è sotto gli occhi di tutti. Aumenta la sfiducia verso le Istituzioni, dilaga la corruzione che chiama in causa trasversalmente tutti i partiti, questioni internazionali, il terrorismo ,gli immigrati, il senso di paura che ci attanaglia reclamano un impegno civile e politico all’altezza dei tempi. I media sono quotidiani, invasivi, pervasivi, sono ovunque. Dentro la comunicazione vengono veicolati i significati e le ragioni per cui si creano nuovi gruppi politici o partiti,per cui persone attratte da immagini di luminiscenza televisiva si mettono in viaggio verso un paese straniero,si alimentano fondametalismi religiosi, si bruciano bandiere, si fanno attentati. Dentro la comunicazione,il potere politico si legittima,impone i propri uomini,le proprie idee e detta i propri temi all’agenza politica,al dibattito pubblico,orienta l’opinione pubblica.
L’impegno politico è stato chiamato la forma più alta e nobile della carità e quindi non si può abbandonarlo al suo malinconico destino. Si ritiene che debbano essere sempre gli altri ad occuparsi della cosa comune,o peggio si pensa che siano tutti uguali,tutti rubano alla stessa maniera,per dirla con le frasi di una nota canzone. E così c’è un effetto perverso nella nostra vita quotidiana:appare impensabile per tante brave ed impegnate persone partecipare al cambiamento del Paese, alla politica, all’impegno civile. Al massimo c’è in qualche caso l’indignazione,un pò di questione morale,ma poco vicinanza alle questioni concrete,alla lotta contemplativa. Si tengono le mani in tasca o come ammoniva Emmanuel Mounier,un grande credente,mai politico di professione,attenzione a coloro che “hanno le mani pure perchè non hanno le mani.”
I credenti devono ritenere ancora più doveroso,un imperativo etico,impegnarsi per le città,per la politica.
Basta con l’essere omologati alla società degli individualismi,in cui conta e ha senso solo la realizzazione personale e non il bene comune.
E’ riduttivo pensare che l’impegno sociale dei cattolici possa limitarsi ad una semplice testimonianza o a collaborare per cambiare le storture della società. Certo la fede non pretende di imbrigliare in un rigido schema i contenuti sociali e politici,consapevole che costruire il bene comune impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e mutevoli, anche contro la logica cristiana.
Possono portare i credenti una boccata di aria pulita,possono risvegliare menti e cuori ai più alti valori,possono attraverso la costanza,la perseveranza,la radicalità di scelte migliorare questo mondo.
Ma se poi anche coloro che si dicono cristiani di fronte ai ritornelli degli immigrati invasori o allo ius soli si tirano indietro,per calcoli politici,rinnegano quell’idea preziosa che è la politica per i credenti.Dobbiamo imparare a gestire ovunque con efficienza, solidarietà, rigore e lungimiranza le migliaia di richiedenti asilo che giungono sulle nostre coste, ma questo nulla c’entra con il diritto alla piena cittadinanza di chi da tempo in Italia regolarmente vive, studia, lavora e contribuisce e ancor meno con le politiche a sostegno delle famiglie con figli e dei vecchi e nuovi poveri.
Però attenzione ad arrivare lì, nelle Istituzioni, al potere e dimenticare le ragioni sottese a quell’impegno,le idee e i programmi che erano alla base, a quello sporcarsi le mani. Già nel 1918,il laico Antonio Gramsci denunciava questo rischio,questa incoerenza,questa doppiezza farisaica di coloro che arrivano al potere.” L’Italia è il Paese dove si è sempre verificato questo fenomeno curioso:gli uomini politici arrivando al potere,hanno immediatamente rinnegato le idee e i programmi d’azione propugnati da semplici cittadini.”