“Possibili scenari politico-elettorali in Campania” è lo studio di Michele Caiazzo sui dati delle elezioni degli ultimi anni, che mira ad “offrire spunti di riflessione ai democratici e alle forze progressiste della Campania su cui confrontarsi per prepararsi all’appuntamento elettorali”.
Per l’ex consigliere Dem «una riflessione, fondata su dati reali, appare ancor più necessaria ed opportuna se si considera che, da più parti, anche all’interno dello stesso PD, si cade spesso in atteggiamenti eccessivamente superficiali e autoreferenziali (quasi politicamente autistici) che, senza tener conto della situazione di fatto, presumono e danno quasi per scontata la vittoria dei democratici alle regionali del 2015».
Il dato più emblematico, quello che balza all’occhio dopo la tornata delle europee, è la differenza sostanziale tra le elezioni per Bruxelles e le amministrative. Il PD, in alcuni comuni, ha perso oltre il 15%.
«È chiaro che alle elezioni europee e politiche c’è un voto di opinione mentre alle comunali c’è una situazione più frammentata. Ciò non toglie che qui al Sud il divario è stato esagerato rispetto ad altre parti del paese, segno di un problema della qualità della proposta e dei gruppi dirigenti che lavorano sul territorio.
Questo “problema” ha caratterizzato non solo il PD ma anche i 5 Stelle che in alcune realtà sono passati dal 30 al 3%».
Come dovrà comportarsi il partito per la scelta dei candidati consiglieri da proporre il prossimo anno?
«Credo che le liste per le regionali dovrebbero rispettare i tre criteri che ho indicato: umiltà, innovazione e coesione. Dovrebbero essere espressione di un partito aperto, non liste fatte per garantire i vari capicorrente che ci sono sul territorio. Se diventa la conservazione del ceto politico attuale è chiaro che l’appeal non diventa forte. Ci vuole apertura, coinvolgimento di forze nuove, ma non solo di giovani, di persone che non hanno mai fatto politica in modo attivo ma possono dare un contributo. Lo schema è già sperimentato a livello nazionale, fare quello che ha fatto Renzi».
Sulle alleanze che mi dice?
«Va fatto un discorso ampio che tiene conto delle forze che fanno capo al centro sinistra, come SEL, ed aggiungerci elementi di realtà territoriali che vanno incoraggiate. Non possono di certo vedersi quattro amici e trattare.
Abbiamo migliaia tra militanti consiglieri, amministratori locali, sindacalisti che vanno coinvolti in un discorso di coalizione, non solo quando si fanno le primarie ma in tutto il lavoro di costruzione del programma. Occorre un percorso condiviso e partecipato senza risolverlo in una riunione di capicorrente che vogliono difendere il proprio orticello o i micro notabili».
Come scegliere la figura del candidato a Governatore della Campania?
«Sono dell’idea di fare una scelta nuova. Non possiamo presentarci nel 2015 con lo stesso schema del 2010. Va chiusa una pagina di contrapposizione e di lotte tribali nel partito napoletano e campano. Siccome non abbiamo grandi statisti sul territorio, credo che occorra fare un investimento su un volto nuovo in modo da rompere questa situazione.
A chi si autocandida, autopropone, dico che ci vuole umiltà, dare una mano, essere a disposizione di un progetto generale e favorire l’emergere di forze nuove, investire per un progetto futuro. Bisogna evitare di ripetere la vicenda del 2010 o le comunali di Napoli. Per fare questo bisogna vincere gli equilibri di corrente che possono far male e far maturare un processo di governo della regione interpretato da una persona che non sia stata protagonista degli sconquassi avuti sul territorio nell’ultimo decennio.
Se si fa questo abbiamo buone chances di vincere, altrimenti si fa un regalo a Caldoro».
Cosa ne pensa del Movimento 5 Stelle?
«Credo che loro andranno per la loro strada, anche se non so se si presenteranno o meno. In Campania hanno avuto un risultato positivo alle europee, al di sopra della media nazionale. Però se guardiamo il dato delle comunali stanno al 2, 3 o 4%. Per questo penso che alle regionali avranno un insuccesso rispetto a quello che posso presupporre. Saranno solo un elemento che possono favorire l’una o l’altra coalizione, diventando determinanti a seconda della coalizione a cui sottrarranno voti.
Per questo noi del centro sinistra dovremmo essere più netti e forti su alcuni temi».
Infine un’ultima riflessione sull’astensionismo. Crede che sarà determinante?
«Vincerà le elezioni chi riuscirà a recuperare molti elettori che pensano di astenersi. Bisogna fare una campagna elettorale che non guardi solo a quello che c’è di organizzato, alle correnti, ai notabili. Qui vince chi è capace di mobilitare forze dell’elettorato normale. C’è da fare un’operazione forte e mi auguro che prevalga questa tendenza».