Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo per aver fatto morire la figlia di soli 18 mesi di stenti.
La difesa continua a sostenere che la donna non voleva commettere tale reato, ma il giudice, nella sentenza di primo grado, ha affermato la volontà e la coscienza dell’omicidio.
La vicenda è accaduta nel luglio 2022, quando la 38enne Alessia Pifferi ha abbandonato la figlia, Diana, per 6 giorni da sola a casa. La donna partì per un viaggio con il compagno, ammettendo successivamente di aver già fatto tale gesto: “L’ho lasciata sola pochissime volte, non ricordo quante. Ero preoccupata di lasciarla sola così le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette d’acqua. Avevo paura di molte cose, anche se riuscisse a bere l’acqua, ma la lasciavo da sola perché pensavo che il latte bastasse”.
Quando Alessia tornò a casa trovò la bambina senza vita: morta per disidratazione.
L’accusa è di omicidio volontario pluriaggravato, quindi ergastolo.
Dopo un test di di Wais che calcola il quoziente intellettivo, effettuato nel carcere di San Vittore, la donna risultava avere una “scarsa comprensione delle relazioni di causa ed effetto e delle conseguenze delle proprie azioni”. Questo non le permetterebbe di riconoscere dolore e sofferenza.
Il pubblico ministero Francesco De Tommasi ha accusato le psicologhe affermando: “A San Vittore è successo un fatto gravissimo: la rivisitazione dei fatti dal punto di vista del personale della struttura carceraria. L’effetto è stato quello di metterle in testa di non avere alcun tipo di responsabilità”.
Il 13 maggio è arrivata la condanna. L’omicidio volontario è sostenuto da mancanza di prove dell’involontarietà del gesto e del fatto che la Pifferi non ha utilizzato alcun mezzo per soccorrere la piccola Diana.
“Pifferi avrebbe potuto contattare le forze dell’ordine, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per salvarla, ma ci viene a dire che non è tornata a casa a causa del compagno”, le parole del procuratore De Tommasi.