Si sente parlare con enfasi montante di “Intelligenza artificiale” come sistema , o meglio, tecnologia che ci aiuterà a risolvere tutti i nostri problemi. Essa , a dire degli entusiasti,aprirà tali vie di progresso che , a breve scadenza, le macchine non solo supereranno l’uomo ma prevarranno su di lui.
Se ci fermiamo a riflettere si vede subito che una definizione esaustiva di “intelligenza artificiale”presuppone che l’uomo sia in grado di fornire una definizione altrettanto esaustiva della “ Intelligenza naturale”Qui nasce il problema: allo stato attuale delle nostre conoscenze in neurobiologia,neurologia,in scienze cognitive il nostro livello di conoscenza è estremamente basso e ancor più elementare è la nostra conoscenza “vera” del funzionamento del cervello umano. Riusciamo a capire come opera ma sappiamo poco del perché, della struttura interna del pensiero e del suo processo di formazione.. Sappiamo che ogni cervello è unico ma non sappiamo con quale criterio si distribuisca il divino dono dell’intelligenza. Né sappiamo perché qualcuno ne abbia di memo, qualcuno di più e tutti un livello medio adatto a farci affrontare la vita Sappiamo che ci sono vari tipi di intelligenza e che ognuno di essi si modella sull’attività principale di chi la usa : musicista,artigiano , tecnico e così via. Sappiamo che la memoria ne è un supporto essenziale perché , come dice Dante : Non fa scienza sanza lo ritenere avere inteso.Anche in questo campo però siamo fuori dalla conoscenza del meccanismo operativo della memoria e del suo processo di formazione.
La fascinazione insita nella denominazione antropomorfa della formula “Intelligenza artificiale” che presuppone una analogia di comportamento ed addirittura una capacità operativa superiore a quella umana ha fatto presa sulla comune opinione pubblica. Spesso questa elemento viene rafforzato , dagli operatori fini operativi. Il prototipo della macchina intelligente è il computer “Al” di Odissea nello spazio. Gli stessi operatori del settore che adoperano la definizione di Intelligenza artificiale con incosciente avidità sono responsabili di un equivoco cognitivo che non tarderà a fare danni creando l’illusione che la macchina possa superare il suo inventore:l’uomo.
Basterebbe questo semplice fatto a far riflettere :è l’uomo che inventa sviluppa e migliora le apparecchiature elettroniche , che si accinge a superarle con i computer quantistici”.
Come già detto noi ignoriamo del tutto il modo ed il criterio col quale si distribuiscono le intelligenze da quella di base fino a quella eccelsa.
Prendo un esempio dalla storia della matematica: perché , con regolarità costante , tutte le grandi scoperte di questa meta-scienza , le innovazioni rivoluzionarie sono opera di uomini fra i 18 ed i 24/26 anni . Tutti , nessuno escluso : Gauss, Galois , Abel, Hilbert,Riemann, Einstein fino ai nostri Levi-Civita , Volterra e Caccioppoli, gli algebristi rinascimentali , Bombelli Tartaglia , lo stesso Fibonacci che introdusse in Europa le “ cifre indiche”?Tutti giovanissimi. I sopravvissuti al loro momento arricchito le loro prime scoperte , ne hanno fatte di nuove ma il punto di “svolta “ della loro vita fu quello.
Perché? Non lo sappiamo ancora , direi ,speranzoso che arriveremo a qualche conoscenza in futuro.
No sappiamo perché Leopardi fu Leopardi ,né perché Dante fosse il genio he conosciamo. Leggiamo le loro opere, ne godiamo la bellezza ma nulla sappiamo del meccanismo del processo che ha trasformato la loro cultura, il loro studio in sublimi opere d’arte.
Anche io ,mentre scrivo ,ignoro il processo che mi suggerisce le parole adatte, elencandole una dietro l’altra in modo che io possa scegliere quella semanticamente più adatta a sostenere la linea del mio pensiero. Certo , vengono dalla mia cultura , dalle mie letture, dal serbatoio della mia memoria ma attraverso quali processi giungano alla mano non solo è ignoto a me ma anche ad illustri specialisti.
A conforto dei miei dubbi mi è capitato sotto gli occhi , sul supplemento del”24 ore” un articolo del professor Marcello Vallortigana , specialista del settore.. Nell’articolo l’autore sostiene, a proposito delle controversie sulla struttura interna del cervello:esse non riguardano aspetti minori del problema bensì cruciali e fondamentali.. Che non siano ancora risolte riflette lo stato davvero molto primitivo delle nostre conoscenze sul cervello.( citazione da un’opera del professor Gallistell Randy della Rutgers University)
Il Vallortigana riporta infine un parare del professor Michael Gazzaniga che ,contrastando la visione “associazionista “ di Gallistell sostiene che : La neuroscienza non ha ancora raccolto i dati chiave perché,in una certa misura,non si sa ancora quali siano i dati chiave (!)
L’articolista conclude: Non è questo il problema. La neuroscienza dispone di una ricchissima messe di dati attorno al cervello ed ai suoi prodotti : il comportamento ed i vari processi cognitivi. Sono le idee intorno a cui organizzare i dati quelle che ci mancano(!). Allora , concludo , se tre illustri accademici articolcompaano , a vario titolo e con accentuazioni diverse le mie stesse”ingenue” perplessità vuol dire che sono in buona compagnia.