L’incontro tra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi, se non era la prova cardine di tutta l’inchiesta, era considerato sicuramente un indizio molto significativo. Indizio che però oggi la Procura di Roma ha demolito, svelando un’attività di manipolazione di buona parte dell’indagine e mettendo sotto inchiesta per falso materiale e per falso ideologico un capitano dei carabinieri del Noe, Gianpaolo Scafarto: nell’informativa finita agli atti del procedimento, l’ufficiale ha riportato due circostanze non corrispondenti al vero. Una delle due è proprio il presunto incontro tra Alfredo Romeo (l’imprenditore campano in carcere da oltre un mese per aver dato soldi al dirigente Consip Marco Gasparri) e il papà dell’ex premier a sua volta indagato per traffico di influenze illecite.
Il pm Mario Palazzi, davanti al quale Scafarto ha preferito oggi avvalersi della facoltà di non rispondere, ha contestato all’ufficiale di aver attribuito nella sua relazione di servizio all’imprenditore campano la frase (estrapolata da una intercettazione ambientale) “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato”, frase che è stata pronunciata in realtà dall’ex parlamentare Italo Bocchino.
“La verità inizia a venir fuori”, commenta a stretto giro Matteo Renzi. “Questa è una vicenda che umanamente mi colpisce molto. Noi siamo fortunati, ma quanti sono i cittadini che si trovano di fronte a un falso e non hanno la possibilità di difendersi”, ha detto l’ex premier nel corso della registrazione della puntata di ‘Porta a porta’ che andrà in onda questa sera,. “Io non credo ai complotti – ha aggiunto – credo all’Italia e ai giudici di questo Paese. Se le sentenze le fanno i giornali o i politici è un problema, ma non se le fanno i giudici”.
L’altro episodio di falso contestato al capitano dei carabinieri riguarda l’aver accreditato erroneamente la tesi della presenza dei servizi segreti nel corso degli accertamenti.
Episodi che, secondo gli inquirenti romani – che poi hanno tolto al Noe la delega dell’inchiesta assegnandola al Nucleo investigativo di Roma – proverebbero come l’inchiesta sia stata viziata da significativi depistaggi a cominciare da un incontro (non suffragato da prove) tra l’imprenditore campano Alfredo Romeo, in carcere dal primo marzo scorso per corruzione per aver versato 100mila euro al dirigente Consip Marco Gasparri, e Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier.