Cultura

Favino al cinema con “Padrenostro”: il rapporto genitore-figlio sullo sfondo degli anni di piombo

Negli ultimi tempi Pierfrancesco Favino sta a ricordarci sullo schermo il nostro passato, con personaggi storici come Bettino Craxi di “Hammamet” di Amelio, il pentito Buscetta de “Il traditore” di Bellocchio o l’avvocato opportunista de “Gli anni più belli” di Muccino, fino al papà eroe di “Padrenostro”, con cui si è aggiudicato la Coppa Volpi alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia. Il film che arriva al cinema dal 24 settembre parte da un episodio realmente accaduto al regista Claudio Noce: l’attentato al genitore da parte di un commando di terroristi.

Roma, 1976. Valerio (Mattia Garaci) ha dieci anni e una fervida immaginazione. La sua vita di bambino viene sconvolta quando, insieme alla madre (Barbara Ronchi), assiste all’attentato ai danni di suo padre Alfonso (Pierfrancesco Favino) da parte di un commando di terroristi. Da quel momento, la paura e il senso di vulnerabilità segnano drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia. Ma è proprio in quei giorni difficili che Valerio conosce Christian (Francesco Gheghi), un ragazzino poco più grande di lui. Solitario, ribelle e sfrontato, sembra arrivato dal nulla. Quell’incontro, in un’estate carica di scoperte, cambierà per sempre le loro vite.

La storia diretta da Claudio Noce è ispirata alla vicenda vera del regista, il cui genitore è stato vicequestore responsabile della sezione antiterrorismo di Lazio e Abruzzo, scampato a un attentato dei Nuclei Armati Proletari il 14 dicembre 1976 e da lì in poi messo sotto scorta. Nel padre cinematografico, Favino racconta di aver riconosciuto anche il suo, “quei padri di una volta che non ti abbracciavano, non mostravano sentimenti, non piangevano perché se lo avessero fatto sarebbero stati ‘meno maschi’ e tu dovevi capirli così, carpirne le emozioni di nascosto”.

Nel rapporto tra questo padre e il figlio protagonista traumatizzato dall’evento, si ritrova l’affresco della famiglia degli anni 70, quella non ancora cambiata dal femminismo e dalle istanze di parità. quella dei padri che non erano ancora amici dei figli e nascondevano ogni fragilità. L’esperienza di Claudio Noce è anche il racconto di una generazione che ha osservato in silenzio quegli anni di piombo, senza avere spiegazioni su cosa stesse succedendo, ma portandone dentro tutte le paure.

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