Il nome di Federica Mogherini come Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea ha colto in molti di sorpresa. All’indomani della sua nomina, viene da chiedersi perché lei, e che cosa possa significare per l’Europa.
Innanzitutto, non solo Europa: ancor prima di diventare ministro, la Mogherini si era battuta a favore della possibilità di instaurare un dialogo con Israele, e successivamente si è pronunciata in merito alla necessità di intervenire attivamente per risolvere la crisi irachena e mettere fine al caos siriano. Sulla questione attualmente più delicata per il nostro continente, quella che vede l’Ucraina protagonista, la neoeletta Lady Pesc ha assunto un atteggiamento tutt’altro che flessibile. Invoca il ricorso alla diplomazia, ricorda l’importanza del dibattito, auspica una soluzione che non sia quella militare, e intanto annuncia un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia entro venerdì e ribadisce che la colpa è soltanto di Mosca se i rapporti sono così tesi. Dunque, mentre l’era berlusconiana ci aveva abituato alle immagini che ritraevano i due uomini di Stato insieme a pesca o a coccolare i loro cani, Federica Mogherini, quell’amicizia lì, potrebbe anche farcela dimenticare.
E pensare che era stata additata come filo-russa. Alla vigilia della sua investitura, era questa l’accusa che maggiormente gravava sulla sua testa: una preoccupazione avanzata in primis dai Paesi baltici e dalla Polonia, che non avevano gradito la sua visita a Mosca nel mese di luglio e la sua eccessiva morbidezza verso la Russia. Ma il successore di Emma Bonino agli Affari Esteri ha ricordato a tutti che la sua prima visita, da quando l’Italia è salita alla presidenza del Consiglio UE, è stata a Kiev e a Julija Tymošenko, e un significato politico, questo gesto, dovrà pur avercelo. Come il fatto che, senza perdere un attimo di tempo, si sia armata di tutta la fermezza che la nuova carica richiede. O, magari, è stata proprio la sua mancanza di polso a portarla così in alto?
Sarebbe l’insinuazione del quotidiano francese Le Monde, che avanza l’ipotesi che la Mogherini sia stata la candidata perfetta per quei Paesi che, come la Francia e l’Inghilterra, non vogliono che i loro interessi nazionali siano intralciati da quelli europei comuni, o per chi, come la Germania, si cura di più dei suoi profitti che non di alleanze e diplomazie. Senza contare che la nazione tedesca era ben disposta a fare una concessione all’Italia pur di attirarla nella sua rete di interessi. Un peso massimo, dice il quotidiano, non avrebbe piegato facilmente la testa. E i francesi non sono i soli a pensarla così. Un’altra autorevole voce della carta stampata, il Financial Times, sostiene che la scelta della Mogherini sarebbe stata un’opzione deludente e che sarebbe stato meglio ripiegare su qualcuno che potesse aiutare l’UE ad assumere un ruolo maggiore sulla scena internazionale. Mentre il tedesco Bild tacciava la quarantunenne romana di inesperienza.
Sembra essere questo il punto d’incontro delle maggiori testate d’informazione del continente: Federica Mogherini avrà pure altre credenziali per affrontare questa sfida, ma le manca la necessaria competenza. Proprio lei, che aveva detto di Renzi che in fatto di politica estera non arrivava alla sufficienza, dovrà vincere lo scetticismo e i sospetti di mezza Europa, o almeno di quell’Europa che si chiede da dove venga questa signora di cui fino a sei mesi fa persino gli italiani sapevano poco e niente. Sono gli stessi dubbi che, cinque anni fa, circolavano intorno alla figura della sconosciuta Catherine Ashton. Che, presumibilmente, con il mandato che volge al termine, tornerà nel nulla da cui era venuta. In questo quinquennio la baronessa britannica ha accumulato una serie di critiche che non è riuscita a scrollarsi di dosso, e mentre la sua immagine pubblica ne risultava sempre più indebolita, anche l’Europa perdeva credibilità, senza arrivare a far sentire la propria voce in merito al Datagate e alla Primavera araba. Per non parlare poi della recentissima situazione ucraina. Viene da pensare che quelle voci che vogliono l’Alto rappresentante per gli affari esteri come una carica nata soltanto per dare la possibilità agli Stati europei di sistemare i propri funzionari, non siano del tutto false. E che Catherine Ashton, come Mogherini dopo di lei, sia stata messa lì per mettere a tacere chi si lamentava che al potere, in Europa, non ci fossero abbastanza donne. Peccato che di potere effettivo in questo caso ce ne sia ben poco. Come ha dimostrato la Cancelliera tedesca quando ha deciso di lasciare le indignazioni e le chiacchiere all’UE e di rispondere coi mezzi propri allo spionaggio statunitense, o come quando Francia e Germania si sono mobilitate per stabilire il da farsi in merito all’Euromaidan prima ancora che avesse luogo il consiglio dei ministri degli esteri. Dando tutta l’impressione che Berlino e Parigi decidano più insieme o da sole di quanto avvenga nelle sedi di Bruxelles.
Forse è tutta questione di carattere, forse la Mogherini riuscirà davvero a fare la differenza. Per il momento, un riconoscimento è arrivato dal Guardian, che ha evidenziato la sua sicurezza e la sua padronanza delle lingue, sottolineando come non tutti gli italiani parlino lo stesso inglese comico di cui ha dato prova il nostro premier, mentre Catherine Ashton non spiaccicava una parola di francese. Magra consolazione.