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GIURAMENTO DELLE NUOVE GUARDIE SVIZZERE PONTIFICIE

Quest’anno nel Cortile di San Damaso del Palazzo apostolico, alla presenza dell’assessore della Segreteria di Stato, monsignor Paolo Borgia hanno giurato di ventitré nuove guardie. La cerimonia si è svolta nel pomeriggio di lunedì 6 maggio. Prima del giuramento, il comandante della Guardia Svizzera Pontificia, Christoph Graf, ha detto che il proposito di diventare guardia «esige dai giovani coraggio». Il coraggio di «esporsi». Solo pochi, ha fatto presente, riescono «a capire la decisione di impegnarsi, dopo aver concluso la formazione professionale o la maturità e aver superato la scuola reclute, per almeno 26 mesi» nella Guardia Svizzera Pontificia. Si tratta di far parte di un Corpo che «opera in Vaticano, al centro della Chiesa cattolica, e che ha come compito principale la corresponsabilità per la sicurezza del Santo Padre». Palesando con fermezza: «Ogni guardia, sa che con la sua divisa multicolore viene vista da migliaia di pellegrini e di turisti. E questa famosa divisa impone degli obblighi. È evidente che le guardie vengano collegate anche con la fede cattolica. E qui serve coraggio: il coraggio, ha sottolineato, di professare la nostra fede. Il coraggio di confrontarsi con le questioni di fede». Nella Guardia Svizzera, ha spiegato il Comandante, la fede non è solo argomento di discussione ma impegno di vita. E «l’efficacia della preghiera si fa vedere». Di fatti si vive con tranquillità, pace, armonia» e, ha sottolineato Graf con una punta di orgoglio, quasi ogni anno ci lascia una guardia che segue la chiamata di Dio, ovvero entra in seminario o in un ordine religioso». Il rito del giuramento è semplice ma nello stesso tempo ricca di significati e di tradizioni. La mano sinistra stretta attorno alla bandiera. Tre dita della mano destra aperte e rivolte verso l’alto come a chiamare la Santissima Trinità a testimone della loro fedeltà. Un gesto che si rinnova ogni qual volta le reclute della Guardia Svizzera Pontificia prestano il solenne giuramento: «Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente, il Pontefice regnante, Francesco e i suoi legittimi successori, di dedicarmi con  tutte le forze, sacrificando, se necessario, anche la mia vita in loro difesa. Assumo gli stessi doveri nei confronti del Collegio Cardinalizio durante la vacanza della Sede Apostolica. Prometto anche al Comandante e agli altri Superiori rispetto, fedeltà e obbedienza. Così giuro, che Dio e nostri Santi Patroni mi assistono ».

Durante l’udienza concessa alle nuove guardie Sabato scorso, il Papa ha chiamato gli appartenenti al Corpo a testimoniare la loro fede con gioia, raccomandando che le tante persone incontrate, specialmente agli ingressi della Città del Vaticano, possano restare favorevolmente impressionati dallo spirito con il quale viene svolto il servizio. Proprio riferendosi a questa consegna, il comandante ha invitato le guardie a testimoniare il coraggio «per professare la fede cristiana e nostro Signore Gesù Cristo e far percepire agli altri questo essere cristiani nella vita quotidiana». Infatti, per i cattolici la fede «non può essere solo un’opzione». Anche il cappellano del Corpo, don Thomas Widmer, ha rivolto un breve saluto alle reclute, ricordando le parole di Papa Francesco: «nell’esortazione apostolica postsinodale Christus vivit, dove il Pontefice incoraggia i giovani a non osservare la vita da un balcone, a non scambiare la felicità con un divano, a non essere come il triste spettacolo di un veicolo abbandonato e a non guardare il mondo come se fossero dei turisti. Specificando, che non è il caso delle guardie, perché non siete prigionieri del divano, ma state al centro della vita, in mezzo al servizio e vi impegnate. L’impegno è rivolto in modo speciale al Papa, per la cui protezione siete pronti a dare la vostra vita. Per questo servizio, ha detto rivolgendosi ai presenti, «vorrei affidarvi, per il vostro cammino, l’immagine dell’elmo, quando mettete l’elmo della vostra uniforme in testa, ricordatevi del capo della Chiesa cattolica in terra e recitate una preghiera per lui. E dite a voi stessi: come l’elmo protegge il capo, così io sono chiamato, con l’aiuto di Dio che invoco ogni giorno nella preghiera, a proteggere e difendere il capo della Chiesa cattolica, come recita la formula di giuramento». Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il prefetto della Casa Pontificia, l’arcivescovo Georg Gänswein, alcuni membri della Curia romana e del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, oltre al presidente della Conferenza episcopale elvetica, il vescovo Felix Gmür. Tra le personalità, il rappresentante della Confederazione elvetica, consigliere federale Ignazio Cassis, il presidente del Consiglio nazionale della Confederazione elvetica, Marina Carobbio Guscetti, il presidente del Consiglio degli Stati della Confederazione elvetica, Jean-René Fournier, il presidente del Consiglio di Stato della Repubblica e del Canton Ticino, Christian Vitta, il capo dell’Esercito Svizzero, Philippe Rebord, con i membri del Consiglio di Stato della Repubblica, del Canton Ticino e della Delegazione ufficiale, l’ambasciatore della Svizzera accreditato presso la Santa Sede, Denis Knobel.

Raffaele Fattopace 

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