La Cina prenderà “misure adeguate” se il governo britannico procederà con il suo piano di facilitare il regime dei visti verso gli abitanti di Hong Kong dotati dello status di ‘British overseas’, in modo di aprire per loro la strada verso la piena cittadinanza del Regno: lo ha reso noto oggi l’ambasciata cinese a Londra. Boris Johnson ha confermato ieri alla Camera dei Comuni le intenzioni del governo in risposta all’introduzione da parte di Pechino della legge sulla sicurezza nazionale nell’ex colonia.
A Washington la Camera Usa approva il progetto di legge che autorizza sanzioni contro le banche che fanno affari con i funzionari cinesi coinvolti nella legge per le sicurezza nazionale a Hong Kong. La misura passa ora in Senato, che ha approvato un testo simile ma non identico nei giorni scorsi. Se verrà approvata arriverà sul tavolo di Donald Trump.
Intanto l’ordine degli avvocati di Hong Kong torna a criticare la legge sulla sicurezza nazionale imposta dalla Cina sull’ex colonia britannica entrata in vigore martedì, dicendosi “fortemente preoccupato” e mettendo in guardia dal pericolo di perdita dell’autonomia giudiziaria e delle libertà finora garantite. I timori, secondo una nota diffusa questa mattina, tengono conto “sia dei contenuti della legge sia i modi della sua introduzione”.
Ieri la polizia di Hong Kong ha eseguito i primi arresti per le violazioni alla legge sulla sicurezza nazionale cucita su misura dalla Cina per l’ex colonia: poche ore dopo la sua entrata in vigore, migliaia di persone si sono comunque riversate a Causeway Bay e Wan Chai, sfidando i divieti a manifestare e le nuove pesantissime sanzioni previste. In tarda serata, il bilancio stilato dalle forze dell’ordine ha fatto emergere circa 370 arresti soprattutto per manifestazione illegale. Ma 10 tra questi (6 uomini e 4 donne) sono stati fermati per le contestazioni legate alla controversa normativa, accusa ora punita con pene più severe in base alla nuova legge.