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I COLONI DELLA CAMPANIA COME QUELLI DI ISRAELE, NEL NUOVO LIBRO DI ASSAF GRAVON, DOVE TUTTO INIZIA NEI CAMPI

Assaf Gavron classe 1958, ha la rara dote di colpire all’animo umano, di affondare al suo cuore. Ci scava dentro e lo fa con maestria. Autentica maestria. Ci infila nelle trame della vita, nei suoi sobborghi, nei suoi infiniti misteri e infine nel suo dolore. E’ un genio della penna, ha il grande dono di mostrare la bellezza anche dove essa non vi è.  Il suo nuovo libro è “Hagiva”, letteralmente “la collina”, uscito in Israele il primo giorno dell’anno. «Tutto inizia nei campi», sono le parole con cui si apre il libro. Con la scelta di un uomo amante della natura e della preghiera di coltivare in cima a una collina asparagi e pomodorini che le figlie «sgranocchiano come fossero patatine», nasce l’insediamento illegale di Ma’aleh Hermesh C , nella terra in cui i palestinesi vorrebbero costruire il loro Stato. «È una situazione estrema. A volte i coloni sono violenti, a volte i palestinesi lanciano pietre. Non si applicano le leggi di Israele, la gente crea le proprie regole, l’esercito le cambia, il governo da una parte aiuta e dall’altra minaccia. L’insediamento rischia d’essere rimosso. Il senso di provvisorietà di questo mondo e l’assenza di confini fisici fanno sì che manchino anche i confini personali e morali, come nel Selvaggio West».  Il quotidiano «Yedioth Ahronoth» lo ha osannato come «il grande romanzo israeliano», perché abbraccia lo Stato ebraico, uno stato apparentemente lontano da noi, ma quanto mai vicino alla Campania. Il suo nuovo romanzo è il primo a raccontare da una prospettiva esterna le storie dei coloni, la gente del Sud sono stati i primi coloni dell’Italia, i primi ad essere sottomessi ai poteri forti. Ma l’autore non condanna e non elogia, “Non nascondo le mie convinzioni. Sono di sinistra, sono contrario agli insediamenti. Ma un romanzo non è un manifesto politico, credo che il mio compito come scrittore sia quello di mostrare la complessità della vita, e ho voluto farlo in una situazione estrema come quella in cui vivono i coloni. Ho fatto lo stesso con La mia storia, la tua storia. Il punto non era chiarire se io sia a favore o contro gli attentati suicidi, ovviamente sono contro. Volevo capire come si arriva ad una situazione estrema». Il dolore porta al suicidio, i coloni del mondo questo lo sanno bene, perchè emigrare non è mai facile, i grandi emigranti del Sud sono stati strappati alle loro terre, alle loro viscere, essendo consapevoli che la terra che dovevano lasciare al Sud, la sua polvere, il suo cemento, rimaneva sempre “terra mia”

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