C’erano una volta le élite degne di fiducia a cui si demandava non solo e di necessità la gestione della cosa pubblica ma anche la formazione di opinioni e tendenze. Già da qualche anno, invece, le cose sembrano profondamente cambiate e anche l’edizione 2017 dell’Edelman Trust Barometer sembra confermare una sorta di rovesciamento della piramide in cui non è più la punta, quella di pochi privilegiati, a essere depositaria di fiducia ma, al contrario, è la base della piramide – la gente comune – a fidarsi sempre più e in maniera diffusa di se stessa. Per dirlo in numeri, l’85% del campione (oltre 33mila persone di almeno 28 paesi diversi, ndr) si è detto quest’anno sfiduciato nei confronti dell’establishment politico-economico, mentre solo un 15% non ha lamentato una pari perdita di fiducia.
La perdita di fiducia di cui si è accennato sembra aver investito, in via generale, tutti i soggetti pubblici, dalle ONG alle aziende e i governi. Campioni di sfiducia sembrano però i media che rispetto allo scorso anno perdono, in questa edizione del Trust Barometer, circa 5 punti percentuali. Non si tratta di una condizione isolata e specifica di pochi paesi, autoritari o con problemi di democrazia: interessa 17 nazioni sulle 28 considerate nella ricerca, inclusa l’Italia (che perde un 2% rispetto all’ultima edizione del barometro, ndr).
Nella maggior parte dei casi, i media tradizionali sono considerati di parte e indissolubilmente legati agli interessi delle élite. Il risultato è che individui, soprattutto se portatori di idee nuove e riformiste e informazioni non ufficiali e frutto di leak – come hanno dimostrato alcuni casi “di scuola” come Wikileaks, le mail sospette e rivelate in campagna elettorale di Hillary Clinton, i segreti del Vaticano –, risultano mediamente più credibili delle informazioni che provengono da istituzioni e fonti ufficiali.
Come già era stato evidenziato nel 2016, insomma, le persone comuni, meglio se familiari o amici, godono di una fiducia del tutto paragonabile ormai a quella attribuita a esperti e accademici. A soffrirne sono soprattutto i media tradizionali, specie se li si considera come istituzioni: in cinque anni, dal 2012, hanno perso almeno 5 punti percentuali, registrando nell’edizione 2017 dell’Edelman Trust Barometer il minimo storico di fiducia. Fiducia che sembra guadagnata, invece, dai media digitali (+5%), forse in virtù di quella dimensione partecipativa e grassroot che vede gli utenti direttamente coinvolti nel processo informativo.
Ci si fida persino più di Google: in questo caso conta, probabilmente, la possibilità di trovare informazioni su misura e confezionate sui propri interessi. E anche gli owned media sembrano depositari di maggiore fiducia da parte degli utenti, a dimostrazione dell’importanza assunta nel tempo dalle strategie di content marketing delle aziende, che hanno certo intuito la necessità di parlare con una voce umana ai loro possibili clienti e che la creazione di valore passa anche per quella di contenuti pensati ad hoc.
(INSIDE MARKETING)