Questa è una storia che nasce da un piccolo paese dell’hinterland napoletano. Una storia che parte da San Gennaro Vesuviano e arriva fino in Bangladesh. Un lungo filo di solidarietà tiene insieme i due capi di mondi, solo apparentemente, diversi e lontani. Protagonisti Giuseppe e Annamaria, una coppia sessantacinquenne, e Kundu, ragazzo bengalese di 20 anni, arrivato in Italia ancora minorenne. Si conoscono in un maggio di tre anni fa, quasi per caso. «La prima volta che l’abbiamo visto – raccontano- era scalzo, magro. Lavorava vicino a casa nostra. Ci guardava intimorito. Provammo una tenerezza infinita per quel “bambino” dalla pelle scura e i grandi occhi neri. Lo invitammo ad entrare per un bicchiere d’acqua fresca e un piatto di riso. Accettò felice». I bicchieri d’acqua fresca e i piatti caldi si moltiplicano man mano. Kundu, frequenta sempre più spesso i Catapano fino a diventare parte di una famiglia che gli apre le porte di casa e non solo, accogliendolo con naturalezza. Giuseppe e Annamaria, diventano i “nonni speciali”, i punti di riferimento per un ragazzino solo e povero, scappato dalla fame e dalla disperazione. Ma il destino di Kundu, è cattivo e spietato e gli riserva ostacoli sena fine. «Una mattina si avvicina e con un filo di voce- dichiara Giuseppe – mi dice: “Nonno, non mi sento bene”. Aveva il collo gonfio e febbre altissima. Decisi di portarlo subito dal medico». Inizia così un calvario di quindici giorni fatto di confusione, controlli, fuorvianti esami medici, dolore e diagnosi sbagliate. Costretto a letto all’improvviso, invitato a curare un banale mal di denti. Le cose, intanto peggiorano sempre di più, fino al momento in cui il ragazzo cede completamente: l’ambulanza, la corsa in ospedale, codice rosso, le analisi, l’urgenza. Kundu, è malato. Malato gravemente di leucemia mieloide acuta e nessuno se ne era accorto prima.
IL MONDO ADDOSSO- «Ci è caduto il mondo addosso. Siamo spaventati, terrorizzati, ma sappiamo che dalla nostra forza dipende quella di Kundu. Qui ha solo noi e di certo non ci tireremo indietro. Non lo lasceremo solo». Giuseppe e Maria, ogni giorno, da più di un mese, anche in queste settimane di caldo rovente, salgono sulla loro utilitaria e raggiungono il nipote “adottato”. E’ ricoverato ad Aversa, in gravi condizioni, reduce da trattamento chemioterapeutico non andato a buon fine. «Quando ci vede si emoziona, nessuno può capire». I medici sussurrano la parola “miracolo” e sperano nella possibilità del trapianto di midollo osseo. Per questo, hanno disposto una richiesta, certificando la gravità della situazione, con la quale si chiede ai genitori e al fratello di Kundu, poverissimi, di raggiungere il figlio per testare un’eventuale compatibilità, sperando in un’ imminente donazione. Nella stessa, vengono indicano i nomi specifici delle persone da autorizzare velocemente all’ingresso in Italia: non c’è tempo da perdere. La pratica è già stata inoltrata all’ambasciata italiana di DhaKa e al Ministero degli Affari Esteri. Si attendono risposte. I coniugi sangennaresi, pensionati “normali”, hanno stretto i denti, ed inviato in Bangladesh 950 euro per i passaporti. Serviranno soldi per l’acquisto dei biglietti aerei e una sistemazione che consenta alla famiglia bengalese una volta arrivata in Campania di poter assistere Kundu senza difficoltà. «Deve guarire e vincere questa battaglia. Gli vogliamo bene».
Questa è una storia che nasce da un piccolo paese dell’hinterland napoletano e che fotografa l’altra faccia dell’umanità. Quella che accoglie, ama, aiuta e che vale la pena di essere raccontata e forse ringraziata.