12, 18, 36 mesi aspettano le cooperative sociale prima che la pubblica amministrazione paghi le giuste spettanze per le prestazioni erogate a favore dei cittadini più fragili delle nostre comunità.
Lo sanno bene, perché ne pagano le conseguenze, i cooperatori sociali e gli operatori sociali che, anche loro, attendono di potersi prendere l’agognato stipendio. Lo sa bene anche la pubblica amministrazione che ne paga, paradossalmente le conseguenze, con contenzioni, spese legali e interessi su ingiunzioni di pagamento.
Lo sa così bene anche la pubblica amministrazione che, poco tempo fa, ha provato a curare, purtroppo un sintomo di una malattia, con alcuni dispositivi che, esauriti gli effetti, hanno fatto riemergere la patologia in tutta la sua drammaticità.
Ma viene da chiedersi “cui prodest scelus, is fecit”, cioè “colui al quale il crimine porta vantaggi, egli l’ha compiuto”, pronunciava Medea nell’omonima tragedia di Seneca.
Chi ne guadagna da questo stato di cose.
Sicuramente la finanza, quella legale, che però copre un piccolissimo spazio nel processo. Ancora: gli avvocati che patrocinando i creditori, si vedono riconosciute le legittime parcelle.
Ma stiamo parlando di poca cosa.
Facciamo un po’ i conti.
In Campania le politiche sociali costano circa 400 milioni di euro l’anno, coperti da fondi europei, nazionali, regionali e locali.
Di questo circa l’80% viene speso in servizi sociali cioè, su per giù, 320 milioni di euro, di cui a sua volta circa il 70 % viene erogato attraverso le cooperative e altre agenzie sociali, quindi 224 MILIONI DI EURO ALL’ANNO.
Se si aspetta 12 mesi per pagare queste cifre, qualcuno dovrà anticiparle, per sostenere l’economia dei soggetti che lavorano nel settore.
Il 20% di questo viene erogato in anticipo dalle banche, quelle di settore, o da finanziare che operano nella piena e legittima trasparenza. Ma stiamo parlando di 44 milioni di euro, che costano però alla collettività circa 3 milioni di euro all’anno.
E il resto, 180 milioni di euro, chi li mette? Sicuramente una buona parte lo mettono i lavoratori e i cooperatori sociali che “anticipano” con il loro lavoro.
La realtà nelle altre regioni del Mezzogiorno: Puglia, Calabria e Sicilia, non è tanto differente.
Il fabbisogno finanziario della cooperazione sociale, per l’effetto dei ritardi di pagamento al sud vale circa 720 MILIONI DI EURO
Basta leggere le cronache dei giornali.
Ma la capacità di tenuta non è infinita.
Ed ecco che compare il terzo incomodo, la criminalità organizzata, che in questo scenario, annusa quanto meno la possibilità della funzione di lavanderia del denaro sporco.
E quindi finanzieri in giacca e cravatta, con grandi disponibilità di denaro, facendo leva sul bisogno di chi, tra incudine, pubblica amministrazione inadempiente, e martello, criminali sfruttatori, si trova vittima di lusinghe finanziarie che sfociano nello strozzinaggio, nell’ingerenza amministrativa delle cooperative, nella speculazione economica, sulle spalle dei lavoratori ma anche della stessa pubblica amministrazione.
La pubblica amministrazione, specie quella più debole come i piccoli comuni, ha le armi spuntate per difendersi ed opporsi a questo fenomeno.
La globalizzazione della finanza, consente di mascherare l’illecito con il lecito. Il controllo delle strutture amministrative delle cooperative, recuperato incarichi gestionali a seguito di minacce ed estorsioni, rende vano qualsiasi filtro o controllo.
Le cooperative sociali e le stesse pubbliche amministrazioni sono vittime di questo processo.
Solo la magistratura può far emergere infiltrazioni nel meccanismo di interessi criminali.
STIAMO ATTENTI che il fenomeno da locale più diventare diffuso, DOBBIAMO CURARE LA MALATTIA. Non abbiamo altro tempo.
I mezzi ci sono e ci sarebbero.
E’ venuto il momento di agire prima che anche questo mondo, che si occupa delle fragilità delle nostre comunità, che dà dignità agli “ultimi”, che riduce i conflitti sociali, si trovi suo malgrado parte di un meccanismo criminale.