Fino a maggio si potrà ammirare a Napoli, nella sede della chiesa della Pietrasanta (tav.1), restituita dopo decenni alla pubblica fruizione, un’esposizione, intitolata “I tesori nascosti. Tino da Camaino, Caravaggio, Gemito”, ricca di oltre 150 dipinti ed organizzata da Vittorio Sgarbi. Una occasione ghiotta, anche se costosa, perché il biglietto costa 12 euro, circa il doppio di una visita a Capodimonte.
Nei primi giorni file interminabili di visitatori, tra turisti e napoletani, richiamati dal nome illustre del curatore, ma soprattutto dalla possibilità di vedere un Caravaggio (tav.2) inedito. Sulla meritata fama di Vittorio Sgarbi non discutiamo, sull’autografia del dipinto abbiamo più di un dubbio e ci riserviamo di dedicare all’argomento un articolo specifico, dopo aver sentito il parere dei massimi specialisti mondiali del pittore.
Passiamo ora ad esaminare le opere degli altri due artisti che stranamente fanno compagnia al Merisi nel titolo della mostra: Tino da Camaino rappresentato da una scultura (tav.3) più che modesta; stesso discorso per Gemito, in mostra con una testa (tav.4), che, se posta in vendita, faticherebbe a raggiungere una quotazione di un migliaio di euro.
Le opere in mostra appartengono tutte a privati, banche e collezionisti, tra questi la parte del gigante la fa la raccolta personale del curatore Vittorio Sgarbi. Al momento manca un catalogo cartaceo di quanto esposto, una pecca molto grave, a mala pena sostituita da una App scaricabile sul telefonino in grado di fornire descrizioni ed a volte approfondimenti su dipinti e sculture esposte.
Tutto il percorso, dal Trecento al Novecento, è una costante lotta tra bello (tav.5) e brutto (tav.6), ma soprattutto tra falso e vero; il primo ben rappresentato da uno pseudo Battistello Caracciolo (tav.7) ed un Tiziano (tav. 8) che grida vendetta e rientra a pieno titolo in entrambe le categorie.
Molti i dipinti napoletani, tra cui alcuni di qualità eccelsa, da una tavola di Ierace (tav.9), ad una coppia di De Matteis, firmati e datati 1727, da un Mattia Preti del periodo maltese ad uno splendido Ribera (tav.10), in compagnia di altri dipinti attribuiti al valenzano, ma eseguiti dalla bottega. Un eccelso Nicola Malinconico e due Giordano, uno dubbio ed uno notevole (tav.11) di proprietà di uno dei più importanti antiquari italiani: Tornabuoni di Firenze.
La natura morta è degnamente rappresentata da un superbo Luca Forte (tav.12), proveniente dalla celebre raccolta Molinari Pradelli.
Numerosi sono i dipinti dell’Ottocento e del Novecento, napoletano ed italiano, tra questi spiccano due capolavori assoluti: un Ligabue (tav.13) ed un De Chirico (tav.14).
Possiamo concludere con un giudizio positivo, anche se abbiamo sottolineato luci ed ombre della mostra e non si tratta di un chiaro scuro caravaggesco…
Achille Della Ragione