Caro prof. Ciambriello, La ringrazio per avermi condiviso la sua relazione annuale sulle carceri in Campania, a cui ho dato una scorsa veloce ma che studierò con cura nei prossimi giorni.
Condivido la sua posizione e le riflessioni che ha fatto anche l’altra sera alla videoconferenza organizzata da Demonline. Se, come diceva Voltaire, la democrazia e la qualità di un Paese si valutano dal grado di civiltà delle sue istituzioni totali, vuol dire che la tenuta democratica delle nostre istituzioni è fortemente a rischio. Se nel nostro immaginario si affaccia l’idea che possano esistere luoghi con diritti soggettivi attenuati o ridotti, ci si comincia ad affacciare in un tunnel pericoloso e preoccupante.
Chi rompe il patto sociale e viola le regole della convivenza deve, ovviamente, assumersi le conseguenti responsabilità, ma la pena porta con sé un sovraccarico di sofferenza ed umiliazione, non scritto né cristallizzato in sentenza, e, soprattutto, non riesce a ricostruire una nuova identità personale sulla quale innestare un vero e compiuto progetto di cambiamento.
È sotto gli occhi di tutti il conclamato collasso del sistema penitenziario, incapace di concretizzare e far divenire effettivi i principi costituzionali ed ordinamentali della rieducazione per disinnescare i rischi nefasti della segregazione detentiva in cui finisce per condensarsi.
Per troppo tempo il carcere è stato, purtroppo, luogo dell’oblio, della rimozione sociale, l’elemento quasi catartico di una società violenta e diseguale.
Le carceri sono diventate il luogo in cui si condensano fasce di povertà, di marginalità ed esclusione sociale, dove la dignità, la civiltà e il decoro si sono fermati: una vera e propria discarica sociale in cui rovesciare le contraddizioni più complesse e spigolose della nostra vita comune e di relazione. Al punto che qualcuno parla di una funzione socialmente selettiva della pena detentiva.
Ripristinare le condizioni di diritto, di umanità, di dignità delle nostre carceri è la premessa fondamentale per una riflessione ed un’elaborazione veramente profonda sul senso e sui fini della pena. Si tratta di cogliere e realizzare lo spirito di civiltà e quello di progresso necessari nel quadro normativo e attuale, di dar vita insomma ad un radicale rinnovamento, ad una profonda trasformazione e rivoluzione sul piano culturale: se limitazione della libertà personale significa rispetto della dignità umana, allora un altro carcere deve essere possibile.
Nel mio piccolo, sono con Lei .
EMANUELA IANNICIELLO