Il voto per il rinnovo del Consiglio comunale di Napoli del 15 giugno 1975, premia fortemente il Partito Comunista. Lo spoglio delle schede relative mostra un netto successo del PCI e un arretramento della Dc.
Per tutto il pomeriggio, al piano terra del civico 169 di via Foria, sede della sezione missina “Berta”, i rappresentanti di lista portavano in sede notizie sull’andamento degli scrutini. Il loro segretario, Michele Florino, era stato eletto consigliere comunale, ma forte era il risentimento per la vittoria dei “rossi” che si sarebbero posti alla guida della città e che nel frattempo festeggiavano anche lungo Via Foria con le auto imbandierate e chiassose.
Alle 22 la sezione “Berta” chiude e i militanti missini ne escono con diverse bottiglie incendiarie con la determinazione di dare una lezione ai comunisti. Appostatisi lungo una scalinata che porta nel dedalo dei vicoli adiacenti, da lì lanciano una bottiglia molotov, giusto per colpire nel mucchio. Una giovane ragazza, Iolanda Palladino, sta tornando a casa dopo un breve giro con la sua auto, quando si trova imbottigliata nel traffico dei festeggiamenti per la vittoria del PCI.
La molotov colpisce il tettuccio della Fiat 500 guidata da Iolanda, di venti anni, mamma casalinga e papà cuoco. La ragazza scende dall’auto, quando le fiamme l’hanno già ricoperta e trasformata in una torcia umana. Quando alcuni passanti la soccorrono e la portano in ospedale, Iolanda è completamente ustionata. Dopo essere stata trasferita al centro ustioni di Roma muore dopo una lunga agonia durata giorni, in cui rimane sempre cosciente.
Su quei gradini il giorno successivo la polizia troverà ancora 4 bottiglie incendiarie pronte per l’uso e una tanica contenente mezzo litro di benzina. Erano in tanti assiepati sulle scale, ma solo tre fascisti saranno arrestati.
Iolanda, diplomata geometra, primo anno di Giurisprudenza, lavoro nei cantieri, qualche comparsa negli spettacoli e il progetto di diventare avvocato, perde la vita nella maniera più atroce per mano criminale.
Quella sera, erano le nove, nel suo appartamento alle spalle della chiesa del Carmine, il telefono rimase bloccato e Jolanda doveva dire qualcosa di urgente al suo fidanzato. Uscì con gli abiti di casa, camicione e zoccoli, tanto sarebbe ritornata subito. Una corsa in 500 a piazza Garibaldi, poi il ritorno lungo via Foria.
Faceva caldo, aprì il tettuccio. La molotov fascista entrò nell’auto. La morte arrivò il 21 giugno. Sandro Pertini, presidente della Camera, le rese omaggio all’obitorio di Roma.
Il 24 a Napoli nella basilica si svolsero i funerali della giovane. Tutto il percorso del corteo funebre fu caratterizzato da lanci di confetti bianchi e fiori dai balconi. Durante il percorso del corteo funebre verso il cimitero, alcune migliaia di antifascisti, si diressero verso via Foria, dove c’era la sede missina a cui appartenevano gli assassini di Iolanda.
Qui il corteo venne caricato duramente dalla polizia, che difendeva la sede fascista da probabili assalti. I fascisti avevano appeso in questa via uno striscione provocatorio su cui era scritto: «Solo Iddio può piegare la volontà fascista, gli uomini e le cose mai». Uno dei fascisti assassini scappò ad Ischia. Quando la polizia lo rintraccia, si decide a confessare fin da subito o, come sostiene qualcuno, accettò di fare da capro espiatorio. La Corte d’Assise di Roma condannò i tre imputati a pene dai sei anni e otto mesi ai due anni e dieci mesi.
Le pene furono ridotte in appello e in parte condonate. E la famiglia Palladino dimenticata. Nessun risarcimento dallo Stato. Solo un loculo gratis al cimitero.
Fiori bianchi e slogan antifascisti: ai funerali di Iolanda Palladino nella chiesa del Carmine si raccolsero 30 mila persone, studenti, lavoratori, operai di tutte le fabbriche napoletane.
Alcuni degli assassini fascisti, qualche tempo dopo, si arruolarono fra le fila dei Nar di Fioravanti.
Il 25 aprile 2015, la rete antifascista napoletana all’angolo tra via Foria e via Cesare Rosaroll, appone una lapide in memoria di Iolanda Palladino: nel giro di poche ore la lapide è stata rimossa da “mani ignote”…
Sulla targa, inchiodata a pochi metri dalla sede di CasaPound (ex sezione Berta), c’era scritto: “In memoria di Iolanda Palladino, uccisa dalla violenza fascista”.
Il 30 aprile la lastra di marmo viene di nuovo inchiodata intorno alle 12 ma, dopo qualche ora, è stata ancora una volta rimossa. Per la seconda volta.
Un evento, la morte di Iolanda, tanto doloroso quanto lontano ma non cancellabile, che deve uscire dal riserbo diventando memoria. È un dovere (e un diritto degli antifascisti) della nostra città quello del ricordo, restituendo alla memoria storica di Napoli un evento tremendo ma che può illuminare la presente e le future generazioni con quei valori che tale tragedia ci impone di praticare.