In Campania il sovraffollamento delle carceri è una silenziosa e sanguinosa sconfitta di civiltà. Lo stato di civiltà di un paese, si evince in maniera inequivocabile dalle condizioni delle carceri e dai sistemi di repressione criminale adottati. In virtù di ciò, l’Italia e la Campania fanno dell’inciviltà la loro strada maestra.
La Campania è la seconda regione carceraria dietro la Lombardia, con una popolazione carceraria di 6887 unità, a fronte di una capienza di circa 6114 unità ( dati aggiornati a dicembre 2016).
Il sovraffollamento diviene quindi l’arma di annullamento e distruzione della dignità umana, coadiuvata dal clamoroso disinteresse generale delle principali forze politiche del Paese. L’articolo 27 della Costituzione, stabilisce in maniera netta ed inequivocabile, che la pena inflitta al condannato debba essere diretta alla rieducazione sociale dell’individuo, poiché in una società in cui la perfezione è divina, l’errore umano è una costante. L’individuo che commette un reato merita di essere punito, ma la punizione deve essere proporzionata alla colpa e non deve in nessun caso avere come fine esclusivo l’afflizione e la perpetua violazione dei diritti e della dignità umana. Una società che costringe un carcerato a defecare e mangiare nello stesso metro quadro sovraffollato, diviene quindi più barbara di qualsiasi efferato reato.
Il carcere di Poggioreale a Febbraio 2017 ha nuovamente superato la soglia critica di 2000 detenuti, in una struttura che può ospitarne circa 1600, nello stesso mese un 38 enne si è tolto la vita in carcere andando ad aggiungersi alla folta schiera di anime disperate morte suicida in carcere ( Più di 2200 dal 2000 al 2013).
Donato Capece responsabile generale del SAPPE, il sindacato penitenziario, ha dichiarato che negli ultimi 20 anni, la polizia penitenziaria ha sventato più di 21 mila suicidi. Dati come questi, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di uno Stato che non può definirsi di diritto. La rieducazione sociale è impossibile se non hai neanche lo spazio per respirare in cella, se il sistema penale non vara una più ampia rivalutazione delle pene alternative alla detenzione. Inoltre una cultura di massa che inneggia al carcere come unico strumento di risoluzione della criminalità, non comprende che un sistema carcerario sarà tanto più efficace nella lotta alla criminalità, quanto più giuste saranno le condizioni delle persone condannate. Questo perché il condannato, che vive il carcere come una condizione di cattività non tornerà di certo migliore nella società.
Il carcere di Secondigliano ha una capienza di circa 1000 unità e una popolazione carceraria di 1300 detenuti, con celle singole che spesso diventano doppie.
Sempre a Poggioreale il 30 percento dei detenuti è condannato o in attesa di giudizio per reati di droga, spaccio di droga eseguito per i clan camorristici, che sempre più spesso utilizzano per il traffico di stupefacenti, soggetti irregolari, privi di residenza, che quindi non possono ottenere misure alternative alla detenzione. Inutile dire quindi, quale prorompente e benefico effetto potrebbe derivare da un sistema di liberalizzazione delle droghe leggere.
Per non parlare della carenza di personale medico e strutture sanitarie, che rendono anche un semplice esame medico una lunga procedura interminabile.
Bisogna anche ammettere che Antonio Fullone, direttore della casa circondariale di Napoli Poggioreale, negli ultimi anni ha profuso sforzi non indifferenti per migliorare la condizione logistica di Poggioreale, con la costruzione di una palestra ad esempio, ma tutto ciò non basta.
La situazione delle carceri della Campania è di emergenza cronica, nel pieno contesto di un problema di sovraffollamento nazionale, al quale fino ad oggi le istituzioni non hanno saputo fornire nessuna risposta, impossibile da dare, quando non si giunge neanche ad ascoltare determinate problematiche.
ANIELLO DE CRESCENZO, da Qualcosa di Napoli