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IL BUON AURELIO, IL BUSINESS MAN DI NAPOLI

Caro Aurelio, dove eravamo rimasti?  Un Napoli scoppiettante, con il fisico e la mente rinvigoriti, da un insperato secondo posto, Champions in cassaforte, attese spasmodiche per i milioni da sperperare in Europa e nel mondo, tifosi e media che sognano acquisti pirotecnici. Fino ad ora niente di tutto questo, il biricchino del buon Aurelio, viene dal cinema americano, le attese diventano sorprese, il colpo di scena e’ sempre dietro l’angolo. Vuole farci prendere proprio un bello spavento.. Ci ha raccontato di voler conquistare mari e monti, eppure fino adesso, solo chiacchiere e distintivo. I piu’ scettici, contesteranno che l’unico acquisto in.. caldo che vedremo, sara’ l’anticiclone africano”Nerone”. Si dira’ troppi rifiuti, reputazione del brand in calo, rispetto anche ad altre squadre che non giocheranno la competizione piu’ prestigiosa. Le motivazioni possono essere molteplici , ma ad Adl non si puo’ imputare sagacia, arguzia e abilita’ nel calmierare nel piu’ breve tempo, situazioni che sembravano drammatiche fino al giorno prima, attraverso acquisti intelligenti, mirati sotto l’aspetto dell’identificazione del club azzurro. In verita’ il buon Aurelio, ma non ditelo troppo ad alta voce, altrimenti qualcuno si offende o non vuole accettare la realta’ dei fatti, e’ semplicemente un business man, e citando una frase di Steve Jobs, potremmo catapultarla nella sua gestione del club azzurro: “Ci sono voluti tre anni per costruire il computer Next, se avessimo voluto dare ai consumatori ciò che dicevano di volere, avremmo costruito un computer con cui sarebbero stati felici per un anno, ma non qualcosa che vorrebbero adesso”, adattandola al contesto “Aureliano” la rimodelleremo: “ Ci sono voluti 10 anni per costruire la realta’ Napoli, se avessimo voluto dare ai tifosi cio’ che dicevano di volere, avremmo costruito una squadra con cui sarebbero stati felici per un anno, ma non qualcosa che vorrebbero adesso” .De Laurentiis

Ecco spiegato lo “show must go on“ riservato alle cessioni dei ribelli, come il Pocho Lavezzi e Cavani per le fredde logiche ed ibride del mercato, (anche Higuain?!), ma anche la permanenza di fedeli scudieri come Hamsik e Maggio ne sono la prova  tangibile di un’accurata strategia d’immagine, solidita’ e identificazione del marchio aziendale Napoli. In un contesto come la realta’ napoletana, dove le idee sono tante ma le soluzioni poche, il “Dela” ha saputo dare quegli elementi necessari e fondamentali alla rinascita della struttura societaria, anche a scapito di scelte alquanto impopolari: carisma, decisionismo e pragmatismo, sono elementi sul quale i napoletani chiedevano a gran voce. Aurelio nel tempo si e’ anche adattato, adeguandosi  alle logiche pretestuose e arcaiche del palazzo calcistico dei vari personaggi di corte come Lotito e Galliani, ma rimanendo pur sempre spavaldo e cinico nelle sue scelte, rispettato e temuto da chiunque lo circondasse, innalzando  di conseguenza anche la reputation degli azzurri, sia in campo nazionale che internazionale.  Circondarsi  di collaboratori validi nel campo della comunicazione e del marketing, con un organigramma amministrativo e gestionale ben rappresentato e organizzato, rende attualmente il Napoli una delle realta’ calcistiche europee piu’ invidiate d’Europa. Senza consenso, non si genera il business. Nel tempo, ha convinto anche i piu’ scettici che le sue idee lungimiranti e innovative sono anche produttive. Le tanto vituperate scelte sulla politica del salary cup e i diritti d’immagine che hanno precluso l’arrivo di molti giocatori di grido, alla luce delle difficolta’ finanziarie dei maggiori club di Serie A e del Fair Play finanziario che asupica la Fifa,  si stanno rivelando una straordinaria scelta  in prospettiva futura. I risultati sportivi sono palesemente positivi e in linea con gli obiettivi prefissati, confermati dalle statistiche che non sbagliano mai, 2 coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana, l’arrivo di un campionissimo come Higuain, unica squadra italiana ininterrottamente qualificata in europa dal 2008. Lo scetticismo e il pessimismo cosmico della maggior parte dei tifosi legate al suo non investire, sono smentite da dati per lo piu’ inconfutabili: in 10 anni di gestione ha speso 350 milioni di euro a fronte di sole 160 milioni legate alle cessioni. Solo i posteri giudicheranno se il buon Aurelio sara’ stato un abile prestigiatore di fuochi pirotecnici o un innovatore; Gervasio sostiene che ”le illusioni ci aiutano a vivere, le delusioni a morire”, una frase che calza a pennello per la gente di Napoli, sognatrice e piena di speranza in un futuro migliore, ma in contrasto con i suoi eccessi e le sue aspettative. E se i giovanotti dell’alta europea, rifiutano la corte azzurra, che c’e frega…abbiamo Aurelio!

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