Nel leggere domenica 10 luglio il Vangelo del “Buon Samaritano” in risposta alla domanda rivolta a Gesù da un dottore della legge “Chi è il mio prossimo?”, sono rimasto colpito dall’antefatto dell’uomo che scendendo da Gerusalemme a Gerico cade nelle mani di briganti che non solo gli portarono via tutto, <<lo percossero a sangue e se ne andarono lasciandolo mezzo morto>>, che mi richiamava per assonanza un singolare episodio di pietà poco divulgato e che può contribuire ad un’allargamento dell’immagine del Buon Samaritano o meglio di colui o colei oggetto della compassione delle cure nella parabola evangelica. Il 7 luglio a Taranto, ad un mese dalla morte della figlia massacrata e strangolata dal marito, che uccise con un colpo di pistola anche il figlio di 3 anni poi suicidatosi, la madre ha avuto la forza di partecipare ad una marcia in ricordo portando con il marito due grandi foto della figlia dal volto tumefatto, massacrato, irriconoscibile, l’ultima immagine della figlia chiusa nella bara. La scelta penosa e coraggiosa intendeva lanciare il messaggio <<perché non accada mai più, e perché le donne abbiano il coraggio di denunciare le violenze subite>>.
Questo episodio insolito di pietà e richiamo, mi suggeriva che forse occorre rivedere la tradizionale immagine del Buon Samaritano che, per assonanza con l’episodio tarantino, può imbattersi nel cammino in una donna maltrattata, massacrata, ferita a morte, come nei numerosi casi femminicidio in Italia e nel mondo. Qualche creativo si industri ad aggiornare l’immagine in questo senso, anche se la pietà e la cura del prossimo si rivolge ad ogni volto massacrato e ferito, di donna o uomo che sia, per le violenze di guerra o dei tragici viaggi nel mar Mediterraneo. E’ una possibile anche se non unica reinterpretazione della narrazione evangelica in chiave di pietà e compassione per donne massacrate e ferite, che le società, chiese e religioni tendono talora a rimuovere o tenere nascoste come se fosse un infamia delle famiglie colpite e non del brigante che ha percosso e tolto una vita ad una compagna.
Mi sono chiesto, perché di questi e simili episodi non se parla nelle chiese, se non forse nei funerali post factum: tale rimozione è una cartina di tornasole della considerazione delle donne nella chiesa perché dai maschietti ecclesiastici che presiedono alle comunità si ha paura della donna che è un pianeta estraneo (inconnu, se vi pare) pur essendo grembo della vita che porta l’immagine divina, Nella stessa società e/o comunità umana, talora sottilmente si tende ad attribuire colpa delle violenze subite alla stessa donna massacrata.
Dimenticavo, non solo si tratta di un malcapitato o malcapitata incontrato/a sulla strada, ma forse a fasciare le ferite ed a versare per sollievo olio e vino può essere una soccorritrice. Per secoli le donne hanno compiuto questa opera di cura e sollievo della sofferenza. Forse meritano una menzione, non a a caso prossimamente Madre Teresa di Calcutta avrà il riconoscimento degli altari, letteralmente ha raccolto e si è preso cura di poveri, abbandonati, ammalati, moribondi non solo nelle strade dell’India.