La vulgata che i Parlamenti sono orpelli superati del XX° secolo si è scontrata con la pronuncia della Magistratura inglese che si è limitata a ricordare che la sovranità appartiene alla Camera dei Comuni e non al Primo Ministro della Gran Bretagna. I negoziati per l’uscita dall’Unione Europea debbono essere validati dal Parlamento perché il Referendum popolare era solo consultivo ed il Governo non può sostituirsi all’Assemblea Legislativa. Nella Nazione in cui vige la Carta Costituzionale più antica del mondo una simile pronuncia conferma il rischio storico di assuefarsi all’idea che il Potere sostanziale è nelle mani del Primo Ministro che deve poter decidere rapidamente per essere al passo coi tempi, efficiente ed efficace. La rappresentanza parlamentare e in generale tutte le assemblee legislative, ai vari livelli, vengono considerate come un peso che le società del Terzo Millennio non possono più permettersi. Questa semplificazione efficientista ha avuto un’accelerazione nei paesi a democrazia limitata come Russia, Turchia o Egitto, e ha frenato le iniziative internazionali a sostegno dei diritti umani nei paesi che negano le libertà fondamentali come la stampa, il pluralismo politico o il diritto al voto. Nel cuore dell’Europa, l’Ungheria, la Polonia e altri paesi restringono gli spazi per le opposizioni e le minoranze. La Francia consente la libertà di licenziare senza giusta causa con una norma liberticida non passata per il Parlamento e fortemente avversata dai sindacati e dai lavoratori. Negli Stati Uniti tra qualche ora finirà la Presidenza Obama e si aprirà una fase delicatissima per gli equilibri geopolitici globali col rischio che un magnate multimiliardario potrà avere tra le mani i bottoni delle vere armi nucleari di distruzione di massa. In un contesto simile, a poco serve che dopo 13 anni la comunità internazionale scopra le menzogne di Blair e di Bush, che scatenarono la guerra in Irak senza tener conto dei loro Parlamenti e né dei movimenti pacifisti guidati autorevolmente da Giovanni Paolo II. Una democrazia senza contrappesi che lascia nelle mani di singole figure un eccesso di potere, muta i propri tratti fondamentali e sposta la sovranità dal popolo che elegge i propri rappresentanti ad un oligarchia che trae la propria legittimazione dalla presunta capacità di saper risolvere rapidamente i problemi garantendo profitti alle imprese e quindi sviluppo e benessere alle proprie comunità. La crisi delle democrazie toccherà il suo culmine negli Stati Uniti con un Trump che se perde non riconoscerà la vittoria della Clinton, e se vince rischia di travolgere gli assetti istituzionali americani e globali. Il clima di paura ha spinto storicamente i popoli a rifugiarsi nelle mani di un Capo capace di dare sicurezza accantonando tutele, libertà e diritti, e l’Italia non ha nulla da farsi insegnare in proposito avendo inventato il fascismo esportato sotto varie forme nella Germania del 1933, nella Spagna del 1936 e in tempi più recenti, in Portogallo, nella Grecia dei Colonnelli, nell’Argentina del 1976, nel Cile del 1973, in Uruguay e in troppe altre comunità. Il Cesarismo nacque nell’Antica Roma ed è una pianta difficile da estirpare, così come è oltremodo difficile difendere la democrazia quando i cittadini impoveriscono e non riescono a trovare un lavoro, a studiare o a curarsi. Nella storia l’unico antidoto inventato per frenare l’uomo solo al comando, è stato quello di affidarsi a Carte Costituzionali che disegnano un equilibrio tra poteri. Se salta questo equilibrio si compie un salto nel passato e non nel futuro.