Il cellulare? Serve …anche per telefonare, ma occhio ai sensori! In ciascun dispositivo, e in funzione del costo dell’apparecchio, ce ne sono una dozzina che, se correttamente utilizzati, possono darci una mano in diverse attività quotidiane, ma se utilizzati in modo “informaticamente non igienico” possono diventare degli strumenti invisibili in grado di spiarci continuamente. I sensori del cellulare – spiega il professor Domenico Laforenza, ricercatore emerito del Cnr – sono interni all’apparecchio e si possono classificare in base all’utilizzo dei dati che sono in grado di raccogliere: di movimento (accelerometro, giroscopio), di ambiente (barometro, termometro, telecamera, microfono) e di comunicazione (gps, wi-fi, bluetooth). Essi raccolgono dati, che, elaborati da apposite App, forniscono informazioni di vario genere: ad esempio, sulla propensione a muoversi, fornendo il numero di passi effettuati, guidare su una mappa verso una destinazione sconosciuta, fornendo indicazioni sull’inquinamento acustico degli ambienti in cui viviamo, e così via.
Ma i sensori possono anche essere esterni al cellulare (che in questo caso agisce da “gateway”) e possono essere utilizzati per misurare parametri fisiologici, ad esempio la glicemia o la frequenza cardiaca. Lo sfruttamento corretto e avveduto dei dati generati dai sensori da parte delle App, dunque, si traduce in notevoli effetti benefici per l’utente del cellulare.
“E’, tuttavia, necessario prestare molta attenzione riguardo alla fine che fanno i nostri dati – aggiunge Laforenza – e qui il discorso si complica e, spesso, diventa legittima la preoccupazione di un loro possibile uso lesivo della nostra privacy se non, addirittura, fraudolento”. Insomma, se non sta attenti, il pericolo di essere “profilati”, o, peggio, spiati “in tempo reale” si fa molto più concreto.
“Prendete, ad esempio – spiega Laforenza – i sensori di comunicazione. Se avete il wi-fi o il bluetooth o entrambi attivati e siete, ad esempio, in un centro commerciale, i dati trasmessi dal vostro cellulare, alla continua ricerca di un “hot spot” (punto di accesso) per collegarsi a una rete wireless consentiranno di sapere quali negozi il vostro dispositivo ha visitato, quanto tempo è durata la sosta di fronte ad uno scaffale di prodotti. Il passo successivo è quello di collegare i dati del cellulare alla vostra identità, cosa possibilissima mediante l’incrocio con altre sorgenti di dati, analizzati con sofisticate tecniche di Data Analytics. Ma come fare, allora, per contrastare un utilizzo potenzialmente lesivo della privacy, se non addirittura fraudolento, dei dati personali? “Osservando una scrupolosa ‘igiene informatica’”, dice Laforenza.
E spiega: “Bisogna prestare molta accortezza ai permessi che spesso distrattamente concediamo alle App che utilizziamo (ad esempio, accedere alla telecamera, alle nostre foto, alle email, e che, il più delle volte, sono all’origine di uno sfruttamento non appropriato delle informazioni ricavabili. Ancor prima bisogna prestare attenzione agli ‘store’ dai quali scarichiamo le applicazioni, preferendo quelli più noti e autorevoli perché si suppone che richiedano agli sviluppatori di App garanzie di qualità e controlli preventivi più approfonditi. Per ultimo, e non solo per risparmiare la batteria dei cellulari, bisogna attivare i sensori, ad esempio quelli del wi-fi o del bluetooth, soltanto quando è necessario. E, per concludere – dice l’esperto – mentre memorizzate questi consigli, ricordate che con il cellulare… potete anche telefonare”.