Negli ultimi duemila anni di storia, i livelli di piombo in atmosfera sono crollati una volta soltanto: nel periodo compreso tra il 1349 e il 1353, quando la Peste Nera si portò via almeno un terzo, se non la metà, della popolazione europea. All’epoca il collasso delle attività economiche fece drasticamente diminuire le attività di miniere e fonderie, e di conseguenza le particelle di piombo nell’aria. Questo calo è ancora oggi visibile nelle carote di ghiaccio estratte dai ghiacciai delle Alpi. Lo stop obbligato a viaggi, spostamenti e attività non essenziali a causa della covid lascerà il segno, al pari delle passate epidemie?
In parte sì, anche se a imprimere una traccia indelebile nella memoria naturale della Terra non sarà la diminuzione delle emissioni di CO2 delle ultime settimane, come invece ci si potrebbe aspettare. La quantità globale di CO2 giornaliera scaricata in atmosfera all’inizio di aprile, durante il picco globale dei lockdown, è risultata inferiore del 17% rispetto allo stesso periodo del 2019. Tuttavia, per le modalità dello scambio di gas tra atmosfera e manto nevoso, e per il fatto che l’anidride carbonica rimane diffusa a lungo in atmosfera, è molto probabile che questo calo avrà soltanto un effetto temporaneo, e sarà difficilmente riconoscibile nei ghiacci estratti dagli scienziati del futuro.
Si noterà invece una riduzione importante nelle particelle inquinanti ultrafini (aerosol) che fluttuano in atmosfera per giorni o settimane, prima depositarsi al suolo: le quantità di piombo, zolfo e cadmio emessi dagli impianti industriali, dai veicoli, dalle miniere e dalle centrali energetiche, sono quasi sicuramente calate durante i tre mesi di lockdown, e tra un centinaio di anni nelle carote di ghiaccio sarà possibile ricostruire queste fluttuazioni anche per un singolo mese. Nei ghiacci rimarrà imprigionata inoltre una quantità significativamente inferiore di polveri sottili, il PM 2.5 emesso dagli impianti a carbone e a gas, dagli scarichi delle automobili, dalle stufe. Durante il lockdown di Wuhan, in Cina, i livelli di polveri sottili sono calati del 44%, mentre a Delhi c’è stata una riduzione del 60%.
Una traccia ancora più duratura sarà lasciata dalla plastica di guanti, mascherine e protezioni sovrabbondanti in questa fase di convivenza con la COVID-19, che una volta gettati – come ha denunciato il WWF – rischiano di invadere strade, mari, parchi… I resti di questi dispositivi si accumuleranno nei delta dei fiumi e nei laghi vicino alle zone più densamente abitate, in uno strato ancora più spesso rispetto ai normali residui plastici dell’Antropocene. Questo strato costituirà un marcatore cronologico preciso, un riferimento importante per i geologi del futuro.