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IL FLOP DEI CINQUE STELLE IN CAMPANIA.I DATI

La debacle di Grillo e di un Movimento che vuole governare l’Italia senza passare per i Comuni

 

I numeri sono chiari: 8 ballottaggi su 140. Parliamo dei medi e grandi centri, di questa tornata elettorale, e di quello che, alle ultime politiche 2013, è stato il partito con il maggior numero di voti. Cosa accade, al Movimento 5 stelle, quando si corre in una città che non viene da un passato politicamente ”burrascoso”? Cosa avviene, insomma, quando il voto di protesta non attecchisce? Il nulla.

 

Le vittorie, importantissime certo, di Roma e Torino, avevano fatto montare la testa a Di Maio e Di Battista; ma un’analisi lucida aveva permesso, già dalle prime ore, di constatare come la vittoria M5S fosse maturata all’interno di un contesto di protesta e disaffezione politica. Non sui contenuti dunque. A Torino, al ballottaggio, il confluire dei voti del centrodestra sulla Appendino erano stati determinanti. Un Movimento che non riesce a reggersi in piedi nelle grandi sfide, che soccombe sotto i colpi del bipolarismo.

 

Non tira certo un buon vento per il prediletto del comico Genovese, Luigi Di Maio, che in tre anni, ha accusato nella sua terra, la sconfitta in Regione del suo braccio destro Ciarambino e di Brambilla a Napoli. Risultati disastrosi nei comuni più popolosi della Campania che ci racccontano di un Movimento 5 Stelle, lontano dalla realtà della provincia napoletana, che non riesce a prendere piede in un territorio difficile e stretto nella morsa della crisi, alla quale non riesce a dare proposte e risposte convincenti.

 

Nel nord di Napoli i 5 stelle, ad Acerra con Auriemma non vanno oltre il 7,5%, mentre ad Arzano, Abbatiello farà da spettatore alla sfida al ballottaggio tra Fiorella Esposito appoggiata da DeMa e De Mare appoggiato dal Pd.

 

Nella città degli scavi, a Pompei, i 5 stelle non hanno gareggiato, così come a Torre Annunziata. Un’assenza pesantissima, in due grandi centri della provincia dove, tra turismo e commercio marittimo si potrebbe riorganizzare la rinascita della costa del Golfo. A Portici, Erra riesce a portare uno scranno del Consiglio ai grillini con il 9% di preferenze.

A Pozzuoli la partita non ha avuto storia, con i 5 Stelle che non hanno infastidito, con il 9& delle preferenze, la vittoria del democratico Figliolia, volato ad oltre il 70%.

A Sant’Antimo, poco oltre le 500 preferenze e sotto il 3%.

Poco meno del 4% a Capaccio-Paestum, mentre a Mercato San Severino Grimaldi è ultimo con meno del 10%. Ad Agropoli, roccaforte deluchiana, ai 5 stelle nemmeno un seggio.

Nel casertano, pesa l’assenza dei grillini alla corsa a primo cittadino di Mondragone, mentre a Maddaloni il candidato pentastellato Carfora è ultimo con meno del 10%. Male anche a Solofra, nell’avellinese.

Numeri da sconforto e certamente lontani dal 17,5% della Ciarambino e molto più vicino al 9% di Brambilla a Napoli.

Una flessione importante, in tutto il meridione, considerando i risultati di Granato ultimo a Catanzaro, di Nevoli fuori al ballottaggio a Taranto e di Valente a Lecce. Per non parlare di Palermo dove Forello, fuori al ballottaggio, aveva suonato la carica per il Movimento per la vittoria prima in città e poi ad ottobre in Regione.

 

Grillo, dal canto suo, non mostra alcuna intenzione di fare mea culpa, di analizzare la sconfitta in tutti suoi aspetti: ”Tutti gongolano esponendo raffinate analisi sulla morte dei 5 Stelle, sul ritorno del bipolarismo, sulla débacle del Movimento, sulla fine dei grillini. L’hanno detto dopo le politiche, dopo le europee, dopo le regionali, dopo il referendum. Fate pure anche ora. Illudetevi che sia così per dormire sonni più tranquilli. Noi continuiamo ad andare avanti per la nostra strada. Ce la giochiamo al ballottaggio in una decina di comuni, tra cui Carrara. Rispetto al 2012 abbiamo triplicato i ballottaggi (furono solo tre all’epoca) e siamo cresciuti in tutte le città in cui ci siamo presentati. Piuttosto assistiamo alla lenta scomparsa del Pd”.

 

Analisi quantomeno bizzarra, non da partito che, all’indomani del referendum del 4 dicembre, era pronto a governare l’Italia. Si fanno, intanto, sempre più delicate le posizioni dei leader dei 5 stelle Di Maio e Di Battista. Sul tavolo degli imputati per la loro ostinazione a puntare tutto su Roma (città e Parlamento) e lasciare al loro destino le liste sul territorio. Il Movimento non ha nessuna aderenza nelle città dove la politica, di qualsiasi schieramento, lavora. Ecco quindi che i 5 stelle faticano a togliersi di dosso l’etichetta di partito di protesta, che intercetta malcontento e poco altro, di incarnare, in parole povere, ancora il vecchio populismo.

Quello sì, del 2012.

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