La pandemia ha esasperato tutte le criticità del sistema penitenziario, prima tra tutte il sovraffollamento che rende molto più facile il contagio, complici la promiscuità degli spazi e le condizioni igienico-sanitarie spesso carenti. Dunque la prima scelta da fare, per salvaguardare quanto più possibile il diritto alla salute dei detenuti- che ricordiamo non possono in base alla Costituzione essere soggetti a un’afflizione maggiore a quella riguardante la sola privazione della libertà personale- doveva essere quella di decongestionare gli istituti, recuperando gli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione. Il Governo ha agito prima con il Decreto Cura Italia e poi con il Decreto Ristori, con misure che però si sono rivelate non solo poco incisive ma in molti casi inique, ponendo numerosi limiti alla loro applicazione: basti pensare all’esclusione di tutti i reati ostativi, alla necessità di avere un domicilio stabilito per la detenzione domiciliare, all’obbligo del braccialetto elettronico per le pene dai 12 ai 18 mesi, e alla mancanza di qualsiasi provvedimento disciplinare- compresi quelli per la partecipazione alle rivolte di marzo.
Ad ogni modo, le misure hanno avuto un diverso impatto sui vari istituti penitenziari che insistono sul territorio nazionale, e a questo proposito il Garante campano delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello ha proposto la sua analisi: “Nella mia funzione di Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, anche con la collaborazione delle Direzioni degli istituti penitenziari insistenti sul territorio regionale, ho fotografato l’incidenza che i provvedimenti normativi, disposti dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria, hanno avuto sulla sorte di quanti vivono all’interno delle mura carcerarie per ragioni lavorative ovvero perché destinatari di provvedimenti giurisdizionali. Senza entrare nel merito di sterili censure circa la normativa sopravvenuta, incidente in modo esiguo sulla deflazione del sovraffollamento carcerario e sulle istanze di tutela di diritto alla salute, particolare plauso va riconosciuto alle componenti della magistratura, della cautela e della sorveglianza, che, facendo proprie scelte di politica criminale permeate dal favor rei, si sono determinate ad adottare provvedimenti che, anche se solo in filigrana, si preoccupassero dei rischi epidemiologici derivanti dalla situazione sanitaria nazionale. Pur dovendo fare i conti con una legislazione inidonea a semplificare gli istituti di settore, il Tribunale per i giudici ‘de libertate, le Corti d’appello per la magistratura di sorveglianza e la Procura Generale per le misure cautelari si sono fatte carico di dare istruzioni finalizzate ad una maggiore benevolenza per strumenti premiali tradizionali come il differimento della pena, la rivalutazione delle esigenze cautelari comparate alla tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito e l’ampliamento della sospensione dell’esecuzione della pena”. Questo quanto dichiarato dal professore Ciambriello, che ha poi voluto rendere pubblici i dati riguardante l’impatto dei provvedimenti.
In base al report diffuso dal Garante campano, la Campania- terza regione dopo Sicilia e Lombardia- attualmente ospita 6417 detenuti nei propri istituti, per una capienza di 6052. Le misure deflattive hanno riguardato 633 detenuti: 308 condannati a cui fossero già stati concessi permessi premio, 58 con pena detentiva, anche residua, inferiore ai 18 mesi, che abbiano beneficiato della detenzione domiciliare con obbligo di braccialetto elettronico, 108 senza il braccialetto elettronico. Inoltre, 91 ristretti che si trovavano in condizioni di salute particolarmente gravi, hanno potuto richiedere e ottenere il differimento dell’esecuzione della pena; taluni hanno anche potuto beneficiare della detenzione domiciliare, pur non avendo una dimora, grazie ai finanziamenti della Cassa delle Ammende e ai progetti portati avanti dal Garante Ciambriello.
Le misure- prorogate fino al 31 gennaio- hanno avuto sicuramente un impatto esiguo, soprattutto se si considera che nonostante queste, gli istituti continuano a scontare la piaga del sovraffollamento, che rende i detenuti più vulnerabili, proprio mentre sono sotto la custodia dello Stato.
A cura di Giusy Santella