Ora, l’unica mossa da fare e tutelare i conti pubblici dalle turbolenze della politica. Una sfida assai più complicata, cercare di bloccare i 23 miliardi di aumenti Iva già stabiliti per legge, che scatteranno dal primo gennaio se non si riuscirà a trovare misure alternative. Dopo che la Lega ha dato il colpo di grazia al governo con il M5s, si moltiplicano le ipotesi per scongiurare l’esercizio provvisorio e lasciare il Paese nel caos: da un anticipo della Manovra prima del voto a una legge di Bilancio in versione ridotta, limitata alle tabelle, elaborata da un governo tecnico chiamato a gestire la transizione. Molto dipenderà da quando si consumerà, in Parlamento, la crisi, e da quando verrà fissato l’appuntamento elettorale. Di certo un cambio di governo in piena sessione di bilancio non aiuterà la già difficile messa a punto della legge che fissa entrate e uscite per il prossimo anno. Se il nodo politicamente più sensibile è quello dell’Iva, di sicuro la fine dell’esecutivo gialloverde farebbe sfumare anche le promesse di taglio delle tasse, caro ai leghisti, o di riduzione del cuneo fiscale, promosso dal Movimento 5 Stelle. Un nuovo governo che si formasse a ottobre-novembre avrebbe comunque poche settimane per scegliere quali spese tagliare o quali sconti fiscali cancellare per evitare che l’aliquota Iva ordinaria salga dal 22 al 25,2% e quella agevolata al 10% passi al 13%. Il lavoro, insomma, non è affatto concluso e proprio per questo sarebbe altrettanto complicato immaginare un anticipo della Manovra ad agosto, pure sollecitato in queste settimane da Matteo Salvini, o comunque prima che siano sciolte le Camere.