Sono da 28 anni in magistratura. Da sempre mi occupo di penale. Il peso di una carriera che inizia a essere lunga e logorante, spesa sempre in uffici delicati, lo sento ogni giorno, anche se non vengono mai meno la passione civile e la gratificazione di svolgere una delle professioni più belle esistenti.
I problemi del processo penale del giorno del mio ingresso in magistratura sono gli stessi di oggi, e negli anni si sono acuiti.
Ogni magistrato del settore penale, di qualunque ufficio, deve occuparsi di troppe cose. Troppe sono le condotte previste dalla legge come reato, troppi sono i reati commessi, inadeguato è il numero dei magistrati e di tutto il personale amministrativo che è il cuore pulsante di ogni ufficio giudiziario, troppi sono i fatti dei quali ci dobbiamo occupare. Troppe sono le fasi di giudizio cautelare, di merito e di legittimità, caratterizzate più da ostacoli da superare per la pronuncia sulla responsabilità di una persona, che a volte trasformano il processo in una sorta di “gioco dell’oca”.
A volte quando vado nelle scuole a parlare di legalità e la prima cosa che mi chiedono i ragazzi è perché il processo non funziona faccio quest’esempio.
“Ammettiamo che ora uno di voi uscendo da scuola viene rapinato da una persona che vi sottrae il telefonino minacciandovi con un coltello vi elenco quanti magistrati si dovranno occupare del vostro caso prima che una sentenza di condanna diventi definitiva, anche in presenza di telecamere che hanno registrato tutto e della confessione dell’imputato arrestato nell’immediatezza dei fatti dai poliziotti che passavano nei paraggi.
1 Pm e 1 gip per la convalida di arresto.
Se viene applicata una misura cautelare e la stessa non è ritenuta giusta dall’indagato 3 giudici del riesame.
Poi 1 giudice e 1 Pm per l’udienza preliminare.
3 giudici del collegio di primo grado e 1 PM per la prima sentenza di merito.
3 consiglieri di appello e 1 sostituto PG per la sentenza di secondo grado.
5 consiglieri di Cassazione e 1 sostituto PG per la sentenza definitiva.
Cioè 21 magistrati solo per avere una pronuncia definitiva per un fatto apparentemente semplice. Basta contare quanti milioni di fatti semplici vengono processati ogni anno e il numero dei magistrati che si occupano di penale per comprendere agevolmente che un sistema così non può funzionare e dare i risultati che tutti auspicherebbero”.
Dall’altro lato, al contrario, non bisogna negare neppure che troppe poche sono le previsioni di reali garanzie per gli indagati/imputati e che gli strumenti che realizzino un reale equilibrio tra le parti del processo.
Per cui il processo non può che essere potenzialmente ingiusto per come è strutturato e quindi scontentare chiunque colpevole o innocente se ne imbatta in uno, e anche le persone offese dai reati a giudizio.
L’amarezza maggiore per me da anni è quella poi di vedere gli organismi rappresentativi di magistratura e avvocatura sempre più distanti, arroccati su moloch implosivi, nascondersi dietro tabù, e praticare slogan divisivi ad uso dei consumatori, cioè i rispettivi elettori di categoria.
Ci sono stati periodi in cui per me si può ritenere che ha sbagliato più l’Anm e altri nei quali lo hanno fatto di più le rappresentanze dell’avvocatura. Purtroppo la reale volontà di mettere insieme in maniera coincidente, e quindi più autorevolmente e forse efficacemente, spalle al muro la politica alle proprie responsabilità non c’è mai stata.
Non sono qui comunque ad individuare colpe, di prima o di oggi, e spero che se commenterete non lo farete continuando a dividervi come i manzoniani “capponi di Renzo”.
D’altra parte comprendo la discussione attuale sulla prescrizione.
Anche a me fa paura un processo infinito, e non ritengo che la riforma otterrà l’effetto deflativo sperato, visto che ad oggi vengono effettuati ricorsi per Cassazione anche contro le sentenze di applicazione pena, per il solo scopo di allontanare il momento dell’esecuzione della pena stessa.
Se solo una persona pensa realmente che un condannato cosciente della propria colpevolezza, e della adeguatezza della pena comminatagli in condanna in primo grado, non farà impugnazione in appello, è candidamente ingenua, perchè non accadrà neppure una volta.
Comprendo tuttavia l’esigenza di fermare la clessidra della validità di un procedimento dopo una prima condanna in un sistema che dicevo è un “gioco dell’oca”, dove ad esempio per non aver fotocopiato correttamente una pagina marginale di un provvedimento di migliaia di pagine si ritorna alla prima casella e si ricomincia.
La verità è che la prescrizione dovrebbe essere la più breve possibile in un sistema che funzioni, ma in un sistema che non funziona, chi ritiene di allungarla ha le proprie condivisibili ragioni.
Occorrerebbe allora creare un sistema che funzioni, e onestamente non ci vorrebbe molto, e allora la prescrizione potrebbe essere brevissima, come accade altrove.
Qualunque operatore di diritto con un minimo di esperienza e di buon senso in pochissimo tempo potrebbe disegnare il processo più garantito ed efficace possibile con pochi accorgimenti. Se volete ne parliamo anche qui, ma non mi sembra il caso. Basterebbe poi aggiungere una seria depenalizzazione di ipotesi di reato che nella società moderna hanno quasi del ridicolo e sarebbe fatta.
Ma c’è la volontà politica di realizzare un processo che funzioni?
Fino a 30 anni fa molti problemi si risolvevano con l’amnistia, che arrivava più o meno ogni 10 anni, a svuotare gli uffici da quei processi per reati minori che non si riuscivano a celebrare. Il problema è che a volte ci inserivano dentro anche reati più gravi e iniziavano le giuste polemiche.
Nessuno l’ha voluta fare più proprio quando è stato introdotto un codice che ha allungato il tempo dei processi. Non dico inspiegabilmente, perché la mia idea ce l’ho ma la tengo per me.
Chiudo raccontando un episodio.
Qualche tempo fa abbiamo celebrato un processo per abuso sessuale di un padre verso le figlie bambine al momento dei fatti, ma che a causa di varie nullità processuali (sacrosante in verità), al momento della nostra sentenza avevano oramai più di 20 anni.
Abbiamo irrogato una pena severa perchè i fatti erano molto gravi.
Il padre era fuggito all’estero già da quindici anni e loro erano interessate solo a non tornare a testimoniare una quarta volta nelle aule di giustizia. I fatti erano caduti nel dimenticatoio della loro coscienza per il dolore che avevano provato, come dare loro torto?
E taccio della figura dell’imputato a noi mai presentatosi che dopo 20 anni potrebbe essere stato una persona completamente cambiata. Ma qui il discorso sull’esecuzione della pena sulla funzione rieducativa prevista dalla Costituzione diventerebbe ancora più complicato e magari lo facciamo un’altra volta.
Condannare una persona a distanza di tempo lunghissima dal reato spesso è inutile e a volte è dannoso.
Così come al tempo stesso è inutile lo sforzo immane di tutti i magistrati del penale per chiudere ogni anno centinaia di migliaia di processi, anche complessi e redigere motivazioni che non arriveranno mai a una esecutività per prescrizione del reato come avviene ora.
La frustrazione è enorme, così come la preoccupazione per il futuro.
Ma non meno grande è la speranza che prima di lasciare la magistratura avrò visto leggi efficaci e fatte con buon senso per far funzionare una macchina ingolfata da decenni, in cui sono impegnati con ruoli diversi migliaia di operatori, personale amministrativo, magistrati e avvocati, la maggior parte dei quali ho incontrato nel mio percorso tutti dediti con impegno, competenza e professionalità al proprio rispettivo lavoro.
TULLIO MORELLO,Magistrato, sulla sua pagina di Facebook.