NuovoImaie, l’Istituto per la tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori, presenta un’importante ricerca sulla parità di genere insieme ai dati 2017: 10.239 soci, più di 36 milioni di euro di diritti riscossi e, a detta del presidente Andrea Miccichè, ”quasi un milione di artisti rappresentati nel nostro paese ‘.Ma un NuovoImaie e un patrimonio italiano senza donne lascia qualcosa per strada”.L’Istituto ha indagato la situazione, analizzando le opere registrate dal ’39 al 2017 in 84 paesi per l’audiovisivo e quelle dal ’47 in 116 paesi per la musica. In entrambi i casi i numeri fanno riflettere. Per cinema & Co (63.235 opere e 315.617 ruoli) la fotografia è di un’industria ancora lontana dalla parità di genere e che anzi recita, progetta, pensa, scrive, produce al maschile, relegando le donne a un ruolo secondario. In tutto, le parti maschili sono 480.060 (64,97%) a fronte delle 258.790 femminili (35,03%). Un divario che cresce considerando solo i ruoli da protagonista: le donne sono il 37,30%, gli uomini il 62,70%. La piccola buona notizia è che in Italia la forbice è meno accentuata: 121.573 ruoli femminili (38,52%) contro i 194.044 (61,48%) maschili con una differenza, nel caso del ruolo da protagonisti, di 39,98% e 60%.
Dati che si registrano, tuttavia, inferiori ai Paesi Bassi (maglia nera con +48,16% a vantaggio maschile), Stati Uniti già al centro delle polemiche nell’ultimo anno (+45%), ma anche Regno Unito (+39,82%), l’insospettabile Francia (+36,32%), Russia (+35,44%). La Spagna è l’unica ad avvicinarsi ai livelli dell’Italia con +25,16%.
Non va meglio nella musica, dove le donne quasi non esistono: su 765.789 registrazioni musicali e 2.820.898 ruoli, dal ’47 a oggi il 91,85% degli interpreti è maschile. Nel Regno Unito si supera il 94% e anche USA, Francia, Germania, Russia, Paesi Bassi sono sopra il 90%. L’Italia, su 1,5 milioni di registrazioni conta solo l’8,77% di donne. La discriminazione poi non guarda solo il sesso, ma anche l’età, con le occasioni di lavoro che scendono vertiginosamente con l’avanzare degli anni. Nella musica dopo i 35 anni si dimezzano, in Italia addirittura si scende a un quarto (29,75% fino ai 17 anni, 6,13% dopo i 55). Nel cinema fino a 17 anni i ruoli da comprimari femminili sono 42% contro il 58% maschile. La forbice si riduce quasi alla parità tra i 18 e i 34 anni ma sale al +47,28% per gli uomini tra i 55 e i 67 anni. Tendenza anche italiana (tra i 55-67 anni i ruoli maschili sono il 72,76% con una differenza abissale del +45,52%) ma ‘feroce’ negli Usa dove oltre i 67 anni le donne quasi non esistono con appena il 16,74% di ruoli. Poco più di 1 su 10. E se l’Italia, in una lettura attraverso gli anni, fino al ’39 contava appena il 30,49% di ruoli femminili, ma tra il 2000-2017 tocca il 41,03%, negli Stati Uniti l’equilibrio oggi è lontanissimo con appena il 29,4% di presenze femminili. Il cinema è ancora lontano dalla parità di genere.